11 maggio 1984
La rivolta di
Alicudi
L’11
maggio 1984 la stampa nazionale accende i suoi riflettori su Alicudi, l’isola è
da una decina di giorni in rivolta e si prepara ad uno sciopero della fame.
Ma
andiamo per ordine:
Il
30 aprile il comitato di protesta di
Alicudi invia un dettagliato promemoria al Presidente della Repubblica, Sandro
Pertini, sui problemi irrisolti dell’isola. Nei successivi giorni i cittadini decidono
un volontario isolamento e non
consentono l’accosto a Scalo Palomba di navi ed Aliscafi. Le uniche notizie vengono
irradiate da Radio Arcipelago Eoliano attraverso collegamenti telefonici.
Il
10 maggio le ultime provviste vengono razionate, scatolette di carne per gli
adulti, pacchi di biscotti per i più piccoli. Nella mattinata della stessa
giornata una motovedetta dei carabinieri proveniente da Messina ha il permesso
di attraccare ad Alicudi per scaricare una cassa di medicinale e consentire il
cambio della guardia medica.
All’origine
della protesta, c’erano le condizioni disagevoli in cui la popolazione era costretta
a vivere: mancavano, infatti, la luce elettrica e l’acqua, erano carenti i
servizi sanitari; l’unico piccolo molo di cemento non consentiva nessun tipo di
accosto con qualsiasi tempo.
Il
brevissimo lungomare non era protetto dai marosi e d’inverno si trasformava in
un impercorribile acquitrino, due soli i telefoni (uno nell’ufficio postale,
l’altro al posto pubblico), la scuola dei ragazzi era un vero dramma. Gli
abitanti protestavano anche per ottenere che venisse riparata la chiesetta e
l’edificio della scuola elementare. L’anno precedente erano mancati pane e
pasta per oltre venti giorni e si erano esaurite le scorte di medicinali.
L’elencazione
delle carenze era lunga, come non era breve il conto delle promesse fatte e poi
sistematicamente non mantenute a Palermo ed a Roma. “Siamo in pochi, non pensano a noi” si lamentavano i cittadini,
ricordando come per tre volte in passato gli alicudari avevano disertato le
urne non votando per protesta. Tra le promesse non rispettate vi erano anche
quelle fatte dai dirigenti del compartimento siciliano dell’Enel che, anche in
considerazione di accordi con la Regione, avevano progettato una centrale
fotovoltaica che, tuttavia, era stata spostata nella più “comoda” Vulcano.
Il
sindaco di Lipari, avvocato Emanuele
Carnevale, per cercare di placare la protesta, presentava la richiesta
all’assessorato regionale ai lavori pubblici, di un finanziamento di un
miliardo e mezzo di lire per il molo di Alicudi ed un finanziamento di 3
miliardi di lire per l’elettrificazione.
A
placare gli animi non era bastato neanche l’annuncio, dato dal Prefetto di
Messina Pandolfini, che il presidente della Regione Siciliana, Modesto Sardo, era
disponibile a incontrarsi con una delegazione di manifestanti.
Ad
Alicudi si era decisi ad andare fino in fondo, costi quello che costi, mentre la
protesta si allargava anche alla vicina Filicudi ed all’abitato di Ginostra che
soffrivano i medesimi problemi.
Il
15 maggio gli abitanti di Alicudi
inviano un ulteriore telegramma al Presidente della Repubblica, Sandro Pertini,
sospendendo lo sciopero della fame.
Il
18 maggio, una delegazione raggiunge
Palermo dopo che il presidente della Regione, Modesto Sardo, ha convocato una
riunione con all’ordine del giorno la valutazione dello stato di cose esistente
nelle isole “in rivolta”, ma soprattutto per Alicudi.
“speriamo fermamente che il Presidente della
Regione prenda atto delle pesanti responsabilità che gli amministratori
pubblici hanno da quant’anni nei nostri confronti” dichiarava Carlo Gallo,
presidente del Comitato “in primo luogo
Alicudi ha bisogno di un porto “magari piccolo,
che non comporti un eccessivo dispendio di soldi, al massimo 600-700
milioni, ma che tuttavia sia un impianto che permetta alle navi traghetto di
attraccare evitandoci i trasbordi delle merci e delle persone sulle barche”
Al
“vertice” di Palermo parteciparono, oltre a una delegazione del Comitato di
agitazione, il sindaco ed il Presidente dell’Azienda Soggiorno e Turismo delle
Isole Eolie.
La
vicenda trova la conclusione all’indomani del telegramma del Capo dello Stato Sandro
Pertini, che scrive: “Sono con voi, alla gente che protesta
esprimo tutta la mia solidarietà e mi auguro che i vostri problemi al più
presto possano essere risolti”; ma il Presidente non si limita alla
solidarietà di un telegramma ma interviene, soprattutto, nei confronti del
presidente della Regione che delega l’assessore regionale ai Lavori Pubblici
per redigere una perizia e stabilire la somma occorrente per la realizzazione
del nuovo approdo ed avvia l’iter per approvare con una legge regionale
l’elettrificazione sia di Alicudi sia di Filicudi.
Faccio
qui una proposta: perché non intestare il lungomare di Alicudi al Presidente
Sandro Pertini?
Nelle foto:
1) Alicudi prima del porto
2) Alicudi con il porto
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