Riceviamo dal dottore Marco Saltalamacchia e pubblichiamo:
“All men dream: but not equally, those who dream by night in the dusty recesses of their minds wake in the day to find that it was vanity: but the dreamers of the day are dangerous men, for they may act their dream with open eyes, to make it possible. This I did. “ T. E. Lawrence, Seven Pillars of Wisdom
Ho annotato con piacere, le reazioni a quella che voleva essere una provocazione intellettuale per generare un dibattito, più che mai necessario, sul futuro delle Eolie.
Naturalmente, quel “sogno” pur essendo ben lontano dall’essere un vero e proprio manifesto delle Eolie possibili, vuole essere una pietra lanciata nello stagno dell’immobilismo eoliano.
Con altrettanto piacere desidero ritornare sugli stessi temi, tuttavia questa volta non userò l’escamotage del racconto “onirico” ma, a scanso di equivoci, adotterò una forma più prosaica.
Innanzitutto, tengo a sottolineare che ciascuna delle “intuizioni” che il “sogno” menzionava rappresentano delle vere e proprie idee che legittimamente si potrebbero e dovrebbero immaginare realizzate o da realizzare.
Lipari ha bisogno di un sogno. O se preferite di una visione. Per ogni cosa, per ogni comunità esistono sempre due possibili Futuri. Quello che definisco il Futuro passivo, ovvero quello che comunque avverrà, a prescindere da noi o da ciò che desideriamo o sogniamo appunto. Ma esiste anche il Futuro attivo, che è quello che va prima immaginato e poi testardamente realizzato.
Ma per capirci bene, torniamo indietro nel futuro. Si, perché noi adesso siamo il futuro di chi vent’anni fa lo aveva immaginato.
Cosa è Lipari oggi? È realmente difficile dirlo. E la difficoltà della “lettura” dell’essenza di Lipari di oggi risiede completamente nella totale assenza di un progetto.
La totale mancanza di una “visione” e della “strategia” per realizzarla, conduce allo sviluppo di una disordinata offerta turistica, “fai da te”, autogestita, e chiaramente di bassissimo profilo.
A peggiorare il quadro interviene anche la sovraccapacità produttiva derivante dai massicci investimenti in offerta alberghiera degli ultimi anni.
Oggi Lipari d’Estate sembra la copia sbiadita di Ibiza o di Rimini, dove in estrema sintesi il modello offerto sia Mare/Sole/Spiaggia(che non ci sono)/Happy Hour (il Suk del Corso) /Discoteca.
In effetti, il bello di questo modello è che non costa molto. Basta avere il giusto numero di mezzi di trasporto (taxi o barche), locali notturni e discoteche. Il brutto è che non rende. Che si indirizza ad un turismo prevalentemente giovane, locale e con scarso potere d’acquisto. Anche perché chi ha soldi e cerca questo modello, lo cercherà altrove (Grecia, Spagna, Croazia).
Certamente non credo che nessuno sia stato così imbecille da immaginare un futuro così. Però e quello che ci troviamo fra le mani.
Si parla di “turismo di qualità” ed è giusto. Tuttavia ci si dimentica che il turismo di qualità, cioè quello che ha una maggiore capacità di spesa, ha anche aspettative assai superiori in termini di infrastrutture, ed offerta turistica in generale.
A questo punto sarebbe facile iniziare il “cahier des doléances” nei confronti dell’Amministrazione. Ma sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, anche perché quello che viviamo è il risultato di decenni di immobilismo.
Preferisco questa volta puntare il dito su tutti noi e su quello che rappresenta il vero male atavico che corrompe il tessuto della comunità Eoliana (ma in fondo anche siciliana) e cioè il profondo, cieco ed egoista individualismo.
Si potrebbe facilmente criticare il livello politico per l’incapacità di programmare, per l’inefficienza finanziaria che causa una strutturale dipendenza da un livello superiore (Provincia, Regione, Stato) per potere risolvere qualunque problema di dimensioni significative, e per il conseguente asservimento della politica locale a logiche che nulla hanno a che vedere con la realtà locale.
Ma la domanda da farsi è perché?
L‘analisi è terribilmente facile, le isole Eolie sono state proiettate in un arco temporale relativamente breve (cinquant’anni) da una situazione di profonda povertà ad una di relativo benessere senza che contemporaneamente ci si dotasse dei necessari strumenti culturali che permettessero anche la necessaria crescita sociale e culturale della comunità.
Così, non è avvenuto quel passaggio necessario da quella mentalità limitata, tipica di una società contadina, estremamente calata nel presente, profondamente diffidente verso il prossimo ed ancora più verso le Istituzioni, a quella di una società moderna basata su formazione, cultura e tecnologia.
In pratica, l’approccio verso la cosa pubblica e più in generale verso la politica è di totale sfiducia. Purtroppo, questa totale sfiducia si estende al futuro. E la sola pulsione è verso la possibilità individuale di trarre immediato profitto da ogni piccola opportunità sacrificando costantemente il futuro ad un presente gretto e meschino.
La politica ha tratto facilmente vantaggio da questa mentalità, in quanto è assai più facile promettere un piccolo uovo oggi che una grassa gallina domani, cui comunque nessuno crede. Ed ognuno tira costantemente l’acqua al proprio mulino. Ma sappiamo bene come a Lipari l’acqua sia poca (e non faccia nemmeno galleggiare le papere!).
Da dove si deve cominciare? Non da noi “vecchi”, cui resta solo la nostalgia, ma dai giovani.
Bisogna cominciare dalla scuola. Lipari deve darsi strutture di formazione adeguate perché si formi quel necessario strato culturale e professionale che successivamente creerà naturalmente le condizioni per uno sviluppo sostenibile. Non è più tollerabile che Lipari manchi delle necessarie strutture di formazione (dove è il linguistico, l’alberghiero, dove i corsi di formazione professionale, dove le collaborazioni con le Università) da cui dipende il futuro dei giovani Liparoti e quindi di Lipari stessa.
“The best way to predict the future is to invent it." - Alan Kay
Cordiali saluti,
Marco Saltalamacchia