Dai
Colli Albani al Vesuvio, dal vulcano sommerso Marsili alle Alpi, passando per le faglie
sismiche calabresi e per le miniere abbandonate in Sardegna e in
Toscana: la relazione di apertura dell’Adunanza Generale Solenne
dell’Accademia dei Lincei ha avuto al centro la tormentata realtà
geologica italiana e le sue conseguenze sociali e sanitarie.
Le tessere del mosaico geologico italiano che sarebbero, nella metafora di Mottana, scomposte sono molteplici.
Nel suo intervento l’accademico ha prima affrontato il rischio vulcanico. "Lo
Stromboli e l’Etna sono vulcani attivi e, a parte qualche sporadico
fenomeno parossistico, non costituiscono un reale problema. Il Vesuvio e
Vulcano, invece, sono quiescenti e costituiscono due problemi
effettivi. Di Vulcano si sa abbastanza perchè il cratere della Fossa è
sotto monitoraggio costante, ma ciò non ne riduce la pericolosità:
nel caso di un suo risveglio – in una data per ora imprevedibile – non ci sono vie di fuga nell’isola e l’evacuazione sarà la sola soluzione possibile".
Le faglie italian |
I tormenti peggiori della condizione
geologica del nostro paese riguardano però i terremoti, soprattutto tra
Calabria e Sicilia. "I tempi di ricorrenza dei terremoti nell’arco calabropeloritano – spiega Mottana – sembrano indicare che siamo ormai vicini a un prossimo evento devastante". Se questo, si chiede Mottana, "dovesse sviluppare tutta la sua violenza al largo di Catania, che cosa resterà della città e dei suoi abitanti?".
Di questo rischio avevamo parlato ampiamente in alcuni post
precedenti, individuando proprio come la zona in cui si stanno
verificando questi sismi, seppur di bassa magnitudo, costituisca
effettivamente l'esempio di zona sismica per eccellenza.
La prevenzione contro i terremoti è "per
ora impossibile e l’abbiamo constatato recentemente in Emilia, ma va
insistentemente perseguita, a differenza di quella vulcanica, già nota" ha aggiunto Mottana nella sua relazione oggi all’Accademia dei Lincei. "Nel Novecento – ha detto -
i morti per eruzioni sono stati poco più di un centinaio, mentre
quelli per cause sismiche circa 120.000. C’è una grande disparità di
effetti tra i due disastri, ma il nocciolo del problema non è qui". Il problema, secondo Mottana "è
piuttosto il nostro paese che non ha fin qui dimostrato di saper
coniugare la prevenzione dai rischi naturali con il suo sviluppo,
soprattutto urbanistico. Ce lo insegnano le recenti esperienze de
L’Aquila e dell’Emilia – continua – ma ciò che più preoccupa è l’atteggiamento degli amministratori. Non c’è nessuna
giustificazione possibile per le deroghe che essi concedono alla
corretta edificazione, peggio se nei luoghi dove il rischio sismico è
particolarmente frequente e, spesso, devastante". E per l’esperto "la
giurisprudenza non aiuta: che senso ha applicare il principio del
"diritto acquisito" per evitare la messa a norma, quando sono le
costruzioni antiche e anche quelle appena recenti, ma costruite prima
dell’estensione a una certa zona delle norme sul rischio sismico, le
prime a crollare uccidendo abitanti e lavoratori?".
FONTE: meteoweb.eu
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