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domenica 5 maggio 2013

Il mio punto di vista sulla “destagionalizzazione”. (di Pietro Lo Cascio)

Ho ascoltato con molto interesse una intervista dell’assessore Cuccia, che ovviamente ha affrontato un vasto numero di argomenti, alcuni dei quali per la prima volta nominati da un nostro amministratore (fatto, quanto meno, foriero di speranze). Tra questi, provo una decisa affezione verso quello della “destagionalizzazione”; come molti di noi, la sento evocare fin dalla tenera infanzia, al punto di chiedermi talvolta se possa essere davvero realizzabile o se si tratti solo di un mito, di una chimera, di un presupposto teorico – tipo il bosone di Higgs – la cui dimostrazione è costosissima o estremamente difficoltosa.
Come quasi tutte le cose, un costo certamente ce l’ha. Non parlo di trasporti, non tanto per la loro indiscutibile importanza quanto per il fatto che in buona parte non dipendono dalle possibilità locali. Preferisco invece esprimere alcune considerazioni proprio su queste ultime. Decenni di analisi del fenomeno “turismo”, iniziate con gli studi pionieristici del professore Cavallaro e proseguite fino ai nostri giorni, ci pongono nella felice condizione di conoscere le caratteristiche medie del turista “destagionalizzante” e le ragioni del suo soggiorno nell’arcipelago: il territorio. Ovvero, la sua bellezza intrinseca, il fatto di essere tante isole simili e contemporaneamente diverse tra loro, che ospitano vulcani attivi e altri ormai spenti, e dunque paesaggi straordinari, inusuali, ricchi di spazi dove la natura – nonostante qualche aggressione – regna ancora sovrana. Se vi pare poco. Certo, potremmo dotarci anche di campi da golf, ma l’acqua costa, i prati inaridiscono e, ad oggi, non ne abbiamo. Chi ci visita fuori dal periodo estivo dominato dall’offerta “sole & mare”, dunque, cerca le banalità appena menzionate. Cose semplici, ma non alla portata di tutti.
Qui infatti cominciano i problemi. Tranne qualche eccezione, in questo momento le strutture ricettive aperte ospitano gruppi o “individuali” che ogni giorno partono per mete spesso a noi ignote (non ci si può andare in auto), lungo sentieri impervi alla ricerca del paesaggio originale, delle emozioni che ne derivano. Ne ho diretta esperienza per ragioni professionali, e nella sede dell’associazione dove lavoro quotidianamente entrano decine di visitatori in cerca di informazioni, di suggerimenti, di un semplice consiglio; li diamo volentieri, comprendendo quanto siano preziosi in un territorio dove più del 50% dei percorsi è privo di indicazioni, e dove il 70% degli stessi è – ormai da anni, sistematicamente – impraticabile. Aggiungo che negli ultimi dieci anni ho visto abbandonare le Eolie da solidi tour operator del settore (VBT, Chamina, ecc.) per la paradossale ragione che i percorsi non sono percorribili. Non è questa la sola causa della crisi del turismo, ma è indubbio che vi abbia contribuito: ciascun TO portava 10-20 gruppi all’anno che soggiornavano nell’arcipelago da 3 a 7 giorni, e che oggi non si vedono più. Inoltre gli operatori comunicano tra loro, e il danno di immagine è cresciuto in maniera esponenziale.
Cosa fare per sanare questa situazione? Innanzitutto è bene ricordare come quelli definiti “percorsi”, in realtà, siano soprattutto strade comunali. Se oggi fossimo un parco nazionale, potremmo bussare alla porta dell’ente pretendendo il loro recupero e la loro manutenzione. Non lo siamo, e il Comune torna necessariamente protagonista. Se è vero che la nuova amministrazione, alcuni mesi fa, ha candidato al finanziamento un progetto realizzato insieme all’Azienda Foreste per il recupero della sentieristica, è vero tuttavia che l’importo (circa mezzo milione di euro) permetterebbe di “mettere mano” in maniera episodica a tre o quattro sentieri, e dunque da solo non risolve il problema.
Ritengo che, non esaustive ma almeno alla nostra portata, ci siano due soluzioni affrontabili sul piano locale. Il primo è pressare l’Azienda Foreste affinché assolva gli impegni che le competono come ente gestore delle riserve orientate di Stromboli, Panarea, Filicudi e Alicudi: ossia, garantirne la piena accessibilità e la costante manutenzione delle rispettive reti sentieristiche. Per ciascuna riserva, infatti, l’Azienda riceve fondi dalla Regione che, seppur modesti, possono coprire il costo di periodici interventi; del resto, l’Azienda non ha altre spese sul territorio, dato che non dispone nemmeno degli uffici delle riserve. Altrimenti rinunci, e ci cercheremo un altro ente gestore che lo sia di fatto, non solo nominalmente. Il secondo è che il Comune preveda –  già a partire dal prossimo bilancio – un cospicuo capitolo destinato al recupero di un certo numero di sentieri per anno e alla loro manutenzione. Le risorse devono essere trovate e ci sono: i proventi della nuova tassa di sbarco. Per troppo tempo abbiamo subito la pacchiana “emergenza turistica” (e l’altra, non meno pacchiana, “emergenza vulcani”); ma dei proventi dei relativi ticket, che hanno alimentato le cose più disparate e fantasiose, l’unica ricaduta positiva sul settore è stata la manutenzione dei soli sentieri di accesso ai crateri di Stromboli e Vulcano. Adesso che abbiamo la decenza di chiamare una cosa con il suo nome, ovvero la “tassa di sbarco”, supportiamola con ragioni sostenibili; per esempio, consapevoli e informati che una parte sia annualmente destinata al recupero dei sentieri di Lipari e di Vulcano, i visitatori potrebbero persino pagarla volentieri. L’importanza dell’intervento non è affatto inferiore ad altre esigenze, come implementare i servizi o garantire eventi e spettacoli adeguati alla nostra realtà. Ma bisogna avere il coraggio di condividerne la necessità e l’urgenza. Inoltre, la recente approvazione del Piano di Gestione dei Siti Natura 2000 delle Eolie da parte della Regione ci consente di attivare progetti finalizzati alla loro fruizione e valorizzazione e di ottenerne, almeno in parte, il finanziamento.
Dopo avere ascoltato l’intervista dell’assessore Cuccia e intuendo come egli – da tecnico – comprenda il problema molto più a fondo di quanto io sappia fare, vorrei un impegno preciso e credibile da parte dell’amministrazione cui partecipa. Un impegno, ripeto, concretizzato già nel prossimo bilancio e organico a quella più ampia programmazione che egli richiama e che, purtroppo, è mancata per troppo tempo al nostro comune. Solo con la reale accessibilità di “quel” territorio che intendiamo rilanciare, sia come nostra principale ed essenziale risorsa, sia come caratteristica distintiva rispetto ad altre destinazioni, potremo essere credibili nel mercato turistico e recuperare il tempo e le occasioni perdute.
Pietro Lo Cascio
consigliere comunale de “La Sinistra”

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