Riprendiamo e riportiamo un articolo pubblicato oggi sulla Gazzetta del Sud a firma del corrispondente da Barcellona.
Si conclude con due condanne e cinque assoluzioni il processo che vedeva sette persone coinvolte nell'inchiesta sull'opificio realizzato nell'area artigianale di Lipari, situata in contrada "Valle", già sequestrato il primo aprile del 2010 dalla Guardia di finanza di Milazzo. La sentenza di primo grado- si legge sulla Gazzetta- è stata emessa ieri a tarda sera dai giudici del Tribunale di Barcellona al termine delle arringhe del collegio di difesa degli imputati. Così come aveva chiesto il pubblico ministero Francesco Massara sono stati condannati per due ipotesi di abuso d'ufficio e per altrettanti reati di falso in atto pubblico a 2 anni e 6 mesi di reclusione il dirigente pro tempore dell'ufficio tecnico del comune di Lipari arch. Biagio De Vita, 54 anni; mentre la condanna a soli 2 anni di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale al consulente esterno del Comune di Lipari, Francesco La Spada, 48 anni di Messina. Per tutti gli altri imputati, compresi i due condannati, ci sono stati tre reati dichiarati prescritti, quelli indicati ai capi A,C ed F; mentre le assoluzioni perché il fatto “non sussiste” sono state decise per i reati indicati nella rubrica ai capi D ed M. E ancora l'assoluzione per il reato indicato al capo B è stata decisa con la formula perché “il fatto non costituisce reato”. Ad ottenere l'assoluzione, con le rispettive formule compresa la prescrizione per tre reati, sono stati: Aldo Martello, 62 anni;Salvatore Spartà, 51 anni tutti residenti a Lipari e Massimo Crocco, 52 anni residente a Catania, tutti, pubblici funzionari del maggiore dei Comuni delle Eolie. Assoluzione anche per Salvatore Coppolina, 57 anni, titolare della lottizzazione e per Emanuele Carnevale, 44 anni, entrambi di Lipari. I reati per i quali i 7 imputati, 4 dipendenti comunali e tre privati tra tecnici e committenti, erano sttai rinviati a giudizio erano quelli di abuso d'ufficio, falso, lottizzazione abusiva e violazione della normativa edilizia. La vicenda giudiziaria confluita nel processo che in primo grado si è concluso con la sentenza di ieri sera, scaturisce dalle indagini della Guardia di finanza di Milazzo coordinate dal sostituto procuratore Francesco Massara. L'attività dei Finanzieri avrebbe messo in evidenza come grazie a numerosi illeciti che sarebbero stati commessi da dirigenti e funzionari del Comune di Lipari, l'area artigianale estesa per circa 3 mila metri quadrati e sottoposta a sequestro per intero, era stata assegnata all'imprenditore Salvatore Coppolina, ancor prima che fosse pubblicato il relativo bando di assegnazione.
Quella zona infatti - secondo quanto emerso dagli elementi raccolti dagli inquirenti - era stata inserita nei Pip (Piani per gli insediamenti produttivi), ma tre mesi prima del bando - giugno 2004 - e su richiesta dell'imprenditore sarebbe stata autorizzata la realizzazione di quella che fu definita "baracca di cantiere" ma che nel concreto sarebbe invece un vero e proprio insediamento produttivo, una falegnameria. In tale contesto - sempre secondo quanto contestato dalla pubblica accusa - a favore dello stesso imprenditore, a cura dei funzionari e dirigenti comunali indagati, sarebbero state rilasciate autorizzazioni e concessioni edilizie in violazione alle vigenti normative ed in difformità ai vincoli imposti a tutela del territorio (a rischio di dissesto idrogeologico), dalla Regione, dal Genio Civile e dalla Soprintendenza. In qualche caso, sembrerebbe che le autorizzazioni sarebbero state rilasciate lo stesso giorno di presentazione dell'istanza, oppure sarebbe stata accertata l'emissione di autorizzazioni in sanatoria senza che ve ne fossero i presupposti e pur in presenza di istanza presentata oltre i termini. In altri casi parrebbe che la concessione sia stata rilasciata in assenza di richiesta presentata al Comune.
All'epoca del sequestro dell'area si parlò - in un comunicato stampa della Gdf - di "irregolarità evidenti a fronte di una situazione di protesta da parte degli artigiani di Lipari costretti a partecipare al bando che successivamente è stato pubblicato per tutte le altre zone, ovviamente tranne quella dove esisteva già l'insediamento produttivo, assegnato in via diretta all'imprenditore Coppolina”. La pubblica accusa aveva chiesto la condanna per tutti gli imputati: a 2 anni e 6 mesi di reclusione per il dirigente pro tempore dell'ufficio tecnico del Comune di Lipari, Biagio De Vita; 6 mesi di reclusione e 4 mila euro di multa per Aldo Martello; 4 mesi di reclusione e 4 mila euro di multa ciascuno è stata la richiesta per Salvatore Spartà, e Massimo Crocco, tutti, assieme a De Vita, pubblici funzionari del maggiore dei Comuni eoliani. La richiesta di condanna maggiore, a 3 anni e 10 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 10 mila euro, era stata per Salvatore Coppolina, 2 anni di reclusione e 10 mila euro di multa per Emanuele Carnevale; mentre 1 anno e 4 mila euro di multa è stata la pena chiesta per Francesco La Spada.
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