Sono rimasto senza fiato. Quando sono
andato via dall’ospedale e ho salutato Agostina, Maurizio e le tue
figlie, mi sentivo più sollevato, l’intervento era andato bene.
Poi un fulmine a ciel sereno. Sentendomi al telefono con qualche
collega traspariva dalle nostre voci il dolore per la perdita di
“Pino color”, così ti abbiamo sempre chiamato affettuosamente.
Dolore certamente non paragonabile alla sofferenza dei tuoi
familiari. Subito scorrono nella mia mente i ricordi: la tua risata
contagiosa, il suono allegro del tuo cellulare con la melodia di una
tarantella, lo scambio delle nostre opinioni, insieme a Nino
Allegrino, sulla qualità delle macchine fotografiche. Quando c’era
da immortale un momento particolare della nostra vita nel “capannone”
a chi ci rivolgevamo? A Pino color, sempre pronto con la sua macchina
fotografica. Anche ieri mattina hai avuto il tuo ennesimo gesto di
affetto verso di noi: ci hai portato “i survi” (le sorbe).
Questa mattina arrivando in ufficio ho
trovato dietro la porta il tuo amichetto, il cucciolo bianco che come
tutti i giorni ti aspettava per fare il giro in moto insieme a te.
Come spiegargli che Pino non verrà più, che non ci aprirà più gli
uffici la mattina? Forse non c’è bisogno di farlo, lo capirà da
solo. Prego il Signore perché nella Sua infinita misericordia ti
accolga nella Patria Celeste. Da lassù ne potrai fare di foto ma
soprattutto potrai intercedere per la tua famiglia e i tuoi cari.
Quante foto mi hai fatto vedere: paesaggi, fiori, i gabbiani
all’alba; ieri l’ultima: un tramonto, quello della tua vita
terrena. Mi mancherai. Anzi ci mancherai. Ciao “Pino Color”.
Michele Quadara
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