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lunedì 9 aprile 2012

Pasqua di resurrezione (di Agostina Natoli)

La storia di Gesù non finisce con la morte: numerosi segni manifestano che egli vive nella gloria della risurrezione, come Signore che dona la Spirito. Per mezzo di lui anche noi risorgiamo a vita nuova; sperimentiamo la gioia di amare e di offrire noi stessi in sacrificio, la più limpida e duratura che ci sia.
Pasqua vuoi dire passaggio, nell’Antico Testamento vuol dire il passaggio dell’Angelo, che per obbligare Faraone a lasciare andar libero il popolo di Dio uccise i primogeniti degli egiziani, e trascorse le case degli ebrei contrassegnate col sangue dell’agnello sacrificato il giorno avanti, lasciandole immuni da tal flagello, nel Nuovo Testamento significa, che Gesù Cristo è passato dalla morte alla vita, e che trionfando sul male, sul demonio, ci ha trasferiti dalla morte del peccato alla vita della grazia.
Gesù è risorto come capo dell’umanità: «Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1Cor 15,22).
La Resurrezione, secondo le stesse parole di Gesù è l’ultimo e definitivo motivo per credere offerto da Lui agli uomini, essa passa attraverso la testimonianza degli apostoli e di altri discepoli, le uniche in grado di informare sull’evento, anche come fatto storico, ciò diventa testimonianza di un fatto realmente accaduto: gli apostoli videro Gesù.
La resurrezione di Gesù, diventa così, un motivo per gli apostoli “in cui credere” è nello stesso tempo come un motivo “per cui credere”.
San Paolo ci ricorda nella 1cor. 15,14 che: “Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede”.
L’evento della resurrezione si fonda sui testi evangelici dai quali emerge che essa è una convinzione basata su un fatto reale, e non un mito o una “concezione”, prodotta dalla prima comunità della Chiesa, conseguente alla morte di Cristo in croce. Gli apostoli e i discepoli non hanno inventato la resurrezione perché erano del tutto incapaci di una operazione simile. Non vi è traccia di una loro esaltazione personale o di gruppo, che li abbia portati a congetturare un evento desiderato e atteso e a proiettarlo nell’opinione e nella credenza comune come reale. Hanno creduto, non senza forti resistenze, che il Cristo è risorto semplicemente perché la risurrezione fu da loro vissuta come un evento reale, di cui poterono convincersi di persona incontrando più volte Cristo nuovamente vivo nei quaranta giorni prima dell’Ascensione.
Le successive generazioni cristiane accettarono la testimonianza dei apostoli e degli altri discepoli come testimonianza credibile e di fede, tramandata per due millenni. Basterebbe ricordare le parole di alcuni sommi sacerdoti che stavano per condannare Gesù: “… se costui è un millantatore la sua dottrina morirà con lui, ma se è veramente il Figlio di Dio, non possiamo fare nulla”.
La resurrezione è vera, e la Chiesa cattolica dopo duemila anni è ancora presente, perché sorretta da Cristo stesso.
Risuscitare con Gesù Cristo spiritualmente vuol dire, che come Gesù Cristo per mezzo della sua risurrezione ha cominciato una vita nuova, immortale e celeste, così noi pure dobbiamo cominciare una nuova vita secondo lo spirito, rinunziando interamente e per sempre al peccato e a tutto ciò che ci porta al peccato; amando Dio solo, e tutto ciò che ci porta a Dio.
La nostra società sta vivendo un periodo storico contrassegnato dall’eclissi del sacro, la vita si esaurisce in ciò che può essere fatto, quello che conta appartiene al quantitativo, al visibile ed al tangibile. La questione di Dio esce fuori di scena. La lotta interiore dell’uomo si dibatte tra l’innata tensione verso Dio, e la tendenza ad allontanarsi da Dio, in questa lotta egli non riesce ad essere quello che vorrebbe, come dice S. Paolo nella lettera ai Romani: “Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio”.
L’uomo di oggi ha raggiunto livelli altissimi di conoscenza, ma non conosce è se stesso, i nostri antenati non avevano lauree, a malapena sapevano leggere e scrivere, ma avevano le idee chiare e conoscevano il segreto della felicità, perché nelle loro case c’era la luce della fede, erano più saggi e sapienti di noi.
Amare Cristo significa mettersi alla sua sequela, significa spogliarsi di orgoglio, manie di grandezza, arroganza, potere e rivestirsi di umiltà.
Il mondo cambierà se cambieremo noi, solo allora si alzerà il livello di bontà e potremo chiamarci cristiani veri ed autentici, veri figli di Dio, degni del suo Amore.

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