Voci incontrollate, a volte riprese da Rete e giornali, fanno
allarmismo sui rischi sismici e le conseguenze del terremoto. L'ultimo
caso è l'ansia per il vulcano sommerso Marsili, al largo di Stromboli.
Ma gli scienziati garantiscono: non ci sono dati a supportare alcuna
previsione. Il consiglio: applicare con rigore il metodo scientifico e
valutare bene l'attendibilità degli esperti di JACOPO PASOTTI
MENTRE la terra continua a tremare in Emilia, un altro sciame dilaga per
la Rete, televisioni e giornali. Sono le false notizie, gli allarmismi,
le congetture. Tra queste, ci sarebbe quella di un possibile attivarsi
di un vulcano sottomarino nel Tirreno, il Marsili. Le fonti più
autorevoli nel nostro Paese ripetono che si tratta di fantasie, che però
possono danneggiare la ricerca e confondere il pubblico.
Da
diversi giorni circolano notizie secondo cui gli esperti avvertirebbero
di una minaccia da parte del monte Marsili, il più grande vulcano
d'Europa, sommerso a meno di 100 chilometri da Stromboli. Un colossale seamount (montagna sottomarina) che si innalza dalla piana abissale tirrenica per oltre tre chilometri.
Giuseppe
D'Anna, sismologo dell'Osservatorio nazionale di geofisica di
Gibilmanna (Palermo) spiega però che non c'è alcun segnale di pericolo.
"Non so da dove sia giunta una simile notizia - dice D'Anna - sono
informazioni che arrivano evidentemente da fonti non controllate". Al
momento attuale, spiega D'Anna, il Marsili non è monitorato e non
esistono dati in tempo reale e quindi questa notizia è stata in qualche
modo "fabbricata".
Secondo l'esperto, il monitoraggio del Marsili
sarebbe comunque importante. "Presso il nostro Osservatorio, negli anni
scorsi abbiamo realizzato alcuni strumenti con cui abbiamo fatto
campagne di studio intorno al seamount. Per noi è chiara l'importanza del monitoraggio con trasmissione di dati in tempo
reale, per questo abbiamo concepito un progetto per una stazione
di monitoraggio sommersa, denominata appunto Marsili, che però non
sappiamo ancora se verrà finanziato."
Il fatto è che viviamo in
un paese che è un puzzle contorto e schiacciato tra due zolle (quella
Africana e quella Euroasiatica) che ancora stanno premendo l'una contro
l'altra. Un territorio geologicamente complesso e particolarmente
attivo, sia lungo l'arco appenninico che nei fondali marini. E quindi di
aree da monitorare ce ne sarebbero moltissime. "Teoricamente tutti i seamount potrebbero
generare problemi di origine geologica, ma non solo quelli", spiega
ancora D'Anna: "Basta ricordare cosa è successo a Stromboli nel 2002 per
il cedimento della porzione sommersa della Sciara del Fuoco".
Insomma
no, non c'è pericolo imminente per le coste tirreniche, ma rimane il
fatto che nel nostro Paese il livello di guardia deve mantenersi alto
perché purtroppo non è possibile prevedere i terremoti. "La previsione
di un terremoto implica il comunicare con esattezza località, data, ora e
magnitudo della scossa attesa, cosa che per il momento non è possibile
fare", ribadisce secco D'Anna.
Ma la scienza in che modo ci può
allora aiutare? "Il monitoraggio dei fenomeni sismici ci ha permesso di
redigere mappe di massima intensità attesa, informazioni indispensabili
ai progettisti per risanare vecchi edifici e progettarne di nuovi". Si
parla quindi di prevenire, e non prevedere, e questo è il concetto che
gli specialisti vorrebbero che fosse chiaro una volta per tutte.
Certo
che in mezzo a tanti esperti che propongono teorie e metodi diversi è
difficile distinguere le informazioni valide dalle supposizioni di
individui che sono specialisti solo dell'improvvisazione. Il problema è
che molte delle teorie presentate in questi giorni non hanno passato il
vaglio del mondo scientifico e per riconoscere i lavori di qualità
bisognerebbe conoscere meglio come procede la scienza e come una teoria o
una scoperta vengono valutati nel mondo scientifico.
Spiega
D'Anna: "Quando uno scienziato sviluppa una nuova teoria mostra i propri
risultati su una rivista scientifica internazionale. Queste riviste
prima di pubblicare valutano attentamente i risultati attraverso un
sistema complesso di revisione affidato ad altri esperti. Chi ha
prodotto quella teoria o fatto quella scoperta deve spiegare i metodi ed
i dati in modo che i revisori possano giudicarne la qualità e
l'attendibilità".
Come distinguere allora in una selva di
ricerche tra scienza e pseudo scienza? La risposta dell'esperto è in
alcune chiare regole: "Bisogna valutare il numero e la qualità delle
pubblicazioni scientifiche di uno specialista, prima di dargli credito.
Bisogna informarsi sulla partecipazione attiva dell'esperto (o del
presunto tale) a convegni scientifici internazionali e nazionali, e
bisogna, infine, considerare il ruolo dell'esperto nella struttura di
appartenenza". Regole non sempre facili da applicare per i meno
competenti, o nei momenti in cui un paese è scosso da un disastro
naturale, ma che forse è proprio in quel frangente che andrebbero
applicate con maggior rigore".
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