Riceviamo e pubblichiamo:
In questi giorni non ho potuto fare a meno di notare come quelli che dovrebbero essere i leader nazionali e locali del principale (aimè) partito di opposizione si sforzino di ripetere che il 25 Aprile debba essere la festa di "tutti". Mi permetto, rispettosamente, di dissentire ed uscire dal coro dei vari Franceschini e Merlino di turno. Il 25 aprile non è, e forse non sarà mai la festa di tutti, semplicemente perchè fascismo e antifascismo non erano, non sono e non saranno mai sullo stesso piano, sono diversi ed inconciliabili sotto ogni punto di vista.
Anche noi italiani siamo "diversi", ed in un Paese dove tutto tende ad uniformarsi ed appiattirsi sullo squallore culturale del pensiero unico, non possiamo che esserne contenti.
Non c'è da stupirsi se Giorgio Bocca, partigiano e penna storica della Repubblica, abbia definito il 25 aprile di quest'anno come il peggiore della sua vita; riconoscendo in esso il capolavoro del trasformismo italiano.
La riconciliazione paventata da più parti non è che l'anticamera della riabilitazione dei fascisti di Salò che combatterono, torturarono e fecero deportare centinaia di migliaia di connazionali in nome delle idee autoritarie, razziste e disumane del nazi-fascismo. Questo "volemose bene" può farci dimenticare chi siamo e quanto costò ai nostri padri (o nonni) la conquista di tutto ciò che c'è di buono e di alto nel nostro paese. Non ce ne vogliano le decine di revisionisti che in questi giorni hanno affollato le televisioni e i giornali dei loro padroni con le loro teorie qualunquiste, ma noi non ci caschiamo.
La nascita della Costituzione italiana (la più avanzata del mondo per i suoi valori di democrazia, libertà, dignità del lavoro ed emancipazione sociale) la si deve al "nostro" 25 Aprile, nostro perchè l'abbiamo conquistato e difeso con il sangue durante e dopo la guerra. Sia chiaro che quando dico "Noi" non intendo solo "Noi comunisti"; nella Resistenza hanno combattuto anche socialisti, liberali, cattolici; ma noi comunisti ne siamo stati una grande parte, ciò è inconfutabile ed è un delitto non ricordarlo.
Il "nostro" 25 aprile racchiude in sè la volontà di riscatto e di giustizia di una parte del popolo mosso dalla speranza di un mondo migliore.
Non abbiamo ottenuto tutto ciò che volevamo e che abbiamo promesso, abbiamo commesso errori e incassato sconfitte, anche brucianti.
Ma siamo ancora qui, "resistiamo" perchè un altro mondo, un altro modello di società sono ancora possibili e, soprattutto, desiderabili.
Ci chiedono di dimenticare ciò che fu la Resistenza, o meglio, di "superarla" in nome della tanto decantata quanto aleatoria "unità degli italiani".
Ma unità su cosa, mi chiedo io?
Sulla perseverante mercificazione dell'uomo e delle sue disgrazie?
Sulla privatizzazione dei profitti e la socializzazione dei debiti?
Sulla vita precaria dei giovani?
Sui proclami di un clero tanto autoreferenziale quanto sordo ai reali drammi del popolo?
Sulla TV delle ballerine, dei reality show e dei ciambellani di regime?
Non scherziamo, non siamo uniti, tanto meno uguali.
Siamo diversi.
Gianluca Pini