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sabato 2 maggio 2009

Tirrenia. Il Governo fa le "prove tecniche" di smobilitazione

Tirrenia nella bufera. Nello spazio di sole 48 ore, l’ultima compagnia marittima di Stato perde e riacquista alcune tra le più importanti linee finora garantite e, soprattutto, la storica presenza sul mercato del trasporto passeggeri. Mercoledì sera, tra lo sconcerto generale delle Regioni coinvolte e dei vertici sindacali, si ha la certezza che il ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, stia per firmare un decreto con cui sopprime, a partire da giugno, i collegamenti Genova - Porto Torres e Genova – Olbia, oltre ad alcuni servizi per la Sicilia, le Isole Eolie e Napoli gestiti dalle società regionali Caremar, Saremar, Siremar e Toremar. Un vero e proprio giallo. Una decisione senza precedenti, un taglio indiscriminato che consegnerebbe il mercato nelle mani degli armatori privati e che scatena le reazioni di entrambi gli schieramenti politici. Al punto che ieri, il governo fa marcia indietro. Il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, si precipita a Roma per incontrare Matteoli. Al termine del faccia a faccia con il ministro dei Trasporti e collega di partito, Cappellacci può tirare un respiro di sollievo. «La decisione di sopprimere i collegamenti di Tirrenia tra Porto Torres e Olbia con Genova è temporaneamente sospesa – spiega il governatore - in attesa di aprire un tavolo politico tra la Regione e lo stesso ministero». Mercoledì prossimo è in programma un nuovo incontro a Roma tra lo stesso Cappellacci, il ministro Matteoli e il sottosegretario della presidenza del Consiglio, Gianni Letta. La sensazione è che il futuro della compagnia pubblica, ormai avviata verso la privatizzazione, sia appeso al filo dei rapporti personali e politici interni alla maggioranza. Vuoto assoluto sul piano delle strategie globali per il settore marittimo, della pianificazione, dei nuovi assetti di mercato legati alla vendita di Tirrenia e dei rapporti tra potere pubblico e capitale privato.Una smentita al taglio dei collegamenti tra Genova e la Sardegna viene caldamente sollecitata mercoledì sera anche dal capogruppo del Partito Democratico in commissione Trasporti alla Camera, Michele Meta, e dai deputati sardi Giulio Calvisi e Guido Melis. In sintonia, ieri, l’attacco sindacale portato dal segretario generale della Uiltrasporti, Giuseppe Caronia: «Mi auguro che prima di procedere a qualsivoglia taglio di linee e di servizi – commenta Caronia - il governo convochi i sindacati e avvii finalmente il confronto sull’intera vicenda. I marittimi non accetterebbero passivamente i tagli decisi per editto». Dopo una serie infinita di rinvii, dunque, Tirrenia si avvia verso la privatizzazione nel peggior modo possibile. Con il tentativo di dar vita ad una sorta di spezzatino aziendale, così com’era accaduto per Alitalia. È evidente che oggi l’interesse (anche) di Tirrenia, è che la privatizzazione si realizzi con l’accesso al mercato di operatori indipendenti, che abbiano effettivo interesse a rilanciare la compagnia e la competizione, valorizzando pienamente il complesso aziendale, la sua presenza commerciale, le competenze tecniche e la capacità di servizio. Ma è altrettanto necessaria una seria fase di trasformazione aziendale, che purtroppo va a coincidere con un periodo di crisi strutturale del sistema economico-finanziario. A questo punto, sarebbe sicuramente opportuno avviare subito tutte le pratiche necessarie alla privatizzazione, ma con l’obiettivo di chiudere l’operazione solo quando la congiuntura e le condizioni dei mercati finanziari si saranno stabilizzate. Cioè in presenza di un contesto idoneo ad attirare compratori disposti al rilancio dell’attività e alla valorizzazione completa degli asset. Questa accelerazione forzata imposta dal governo con tagli a sorpresa al core business della compagnia, fa temere a molti osservatori la svendita di Tirrenia. Con trasferimento sotto costo agli armatori concorrenti di quote di mercato e smobilizzazione delle maggiori linee.