(Michele Giacomantonio) La presentazione del libro “Per non morire di mafia” ha visto al Centro Studi il pieno delle grandi occasioni. Ogni posto occupato, gente in piedi, arrampicate sulle scale. Molta attesa ed anche molta tensione. E dobbiamo dire che le attese non sono andate deluse.
Pietro Grasso oltre ad illustrare alcuni punti più stimolanti del libro-intervista ha risposto puntualmente alle varie domande che gli ha posto il pubblico. Alberto La Volpe ha incentrato il suo intervento sul fatto sorprendente che l’opinione pubblica ha “digerito” la macroevasione degli Agnelli senza grandi scandali e sorprese. E come l’opinione pubblica hanno fatto i politici ed anche i magistrati.
Ma forse per molti aspetti inaspettata ed inedita è stata la dialettica che si è innescata, a margine, fra il Sindaco di Lipari e il sottoscritto.
Certo, io ho parlato dopo il Sindaco, che non si è limitato ad un indirizzo di saluto ma ha fatto un vero e proprio intervento di presentazione: dimostrando di avere letto con buona attenzione il libro e cercando di far vedere come tutta la sua opera di amministratore sia in linea col proposito di lotta alla mafia.
Ma se il Sindaco ha indubbiamente letto il libro , a mio avviso, non ne ha colto lo spirito profondo. Perché proprio il suo intervento era centrato sul sostenere che si fa a Lipari opera di prevenzione verso rischi di infiltrazioni mafiose dall’esterno. E dall’interno? Se proprio la tesi di fondo del libro di Grasso è quella che la mafia non è una realtà esterna ma cresce nella società civile e si rafforza grazie ai comportamenti proprio delle amministrazioni locali: soprattutto comuni e regioni, il Sindaco non ha proprio niente da rimproverarsi per quello che sta avvenendo nella nostra comunità? E se il procuratore fra i rischi di alimentazione di una cultura mafiosa pone la mancanza di trasparenza negli appalti e nelle assunzioni del personale e il diffondersi del metodo clientelare che divide la comunità fra cittadini comuni ed cittadini “amici”, non abbiamo da dire proprio niente rispetto a quello che sta accadendo a Lipari? O, visto che c’è il Procuratore, bisogna essere omertosi e fare finta che trasparenza voglia dire pubblicare i bandi sul sito internet del Comune?
Così quando è stato il mio turno io ho espresso questo mio pensiero, con calma e con determinazione. Naturalmente al Sindaco il mio intervento, che è invece è parso essere apprezzato ampiamente dall’assemblea, non è piaciuto. E lo ha detto chiaramente prendendo la parola alla fine e sostenendo che quello che avevo detto era sbagliato ed inopportuno. Sbagliato perché ho detto che a proposito dell’approvazione dell’opera più importante del nostro comune degli ultimi dieci anni, il megaporto, non c’era stata trasparenza nella proposta e nel voto del consiglio comunale? Sbagliato perché ho detto che nella vicenda dell’assunzione dei cinque vigile urbani trimestrali realizzata attraverso due ordinanze che si contraddicevano a vicenda ( tanto è vero che non si conoscono ancora gli esiti del primo bando) non c’è stata trasparenza? Sbagliato perché ho detto che in questi dieci anni il clientelismo ha dilagato nelle nostre isole ed è ormai diventato un luogo comune che gli “amici” sono tutelati e i cittadini comuni vengono lasciati allo sbaraglio? Bene, è la mia opinione. Si dia, se la si ha, una versione diversa. Ma non si può cercare di chiudere la bocca alla gente con la favola “del non è il momento opportuno”. E quando sarebbe questo momento? Nelle campagne elettorali, una volta ogni cinque anni? Nelle sedi politiche che non esistono se non per poche persone ( i consiglieri comunali). Ogni dibattito pubblico è la sede opportuna per discutere dei problemi della nostra comunità. Soprattutto dei suoi mali.