Sono 10 mila i siti archeologici, culturali e monumentali censiti in Sicilia e 2500 quelli per i quali è stata già realizzata una scheda di vulnerabilità. Le aree più a rischio sono Palermo, Catania e Messina. Di contro sono più sicure Caltanissetta ed Enna. Questi sono i dati che emergono dalla mappatura che il Centro Regionale di restauro ha realizzato, con un finanziamento di 4 milioni di euro con fondi Por 2000/2006. Una vera e propria cartella clinica dei beni culturali che sono stati trattati come pazienti da curare e tenere sotto controllo.
I dati raccolti formano la branca regionale del progetto nazionale della Carta del Rischio: di oltre 2500 beni è stata anche stilata una vera e propria cartella clinica che fotografa lo stato attuale del monumento o del sito, in rapporto con l'ambiente circostante, lo stato di conservazione, l'impatto con il pubblico, gli accessi, la proprietà e i vincoli.
«Sono informazioni utili – dice Guido Meli, direttore del Centro regionale di Restauro – sia in caso di emergenze o calamità naturali, ma anche per valutare eventuali interventi di restauro e prevenzione». Per l'assessore regionale ai Beni culturali Lino Leanza «l'eccezionale patrimonio culturale della Sicilia rappresenta una straordinaria ricchezza della quale bisogna essere consapevoli, così da poterla tutelare e tramandare il più possibile intatta».
«E' chiaro che un manufatto in cattive condizioni posto in un ambiente sfavorevole, rischia di più – aggiunge Meli – Sembra un'affermazione facile e ovvia, ma per arrivare ad una mappatura del rischio, occorre da una parte analizzare il territorio, e dall'altra conoscere lo stato di salute dei beni». All'avvio dei rilevamenti, il numero complessivo di beni era 4.100 circa. Tra il 2007 e 2008 sono stati censiti altri 3.279 beni, di cui 632 archeologici e 2.638 architettonici, mentre tramite le informazioni inviate da Cesi (Conferenza episcopale siciliana), soprintendenze, prefetture e comuni si è arrivati a 10.178. Di queste, 2.512 beni (562 archeologici e 1950 architettonici), sono stati oggetto di una campagna di schedatura che si è intrecciata con l'attività delle soprintendenze.