Riceviamo "Note di politica polemica" dal consigliere comunale Rosaria Corda e pubblichiamo:
Comincio con il chiedere umilmente scusa agli eoliani, ai lettori lontani che seguono le Eolie e ai direttori che gentilmente mi ospitano, per l’uso improprio di un mezzo di comunicazione che avrebbe tutt’altre finalità che non quelle di pubblicare interventi che, altrimenti, dovrebbero trovare luogo in un civico consesso e che, purtroppo, ahimè, tale non è più da qualche tempo.
Un luogo che dovrebbe insegnare a noi e ai nostri elettori, soprattutto quelli futuri, l’amore per quella democrazia partecipativa che sta alla base di ogni civile convivenza di un popolo, il quale elegge i propri rappresentanti, nei quali ripone fiducia, per capacità e appartenenza ad una idea di sviluppo globale di una comunità, democrazia nella quale ciascuno ha il diritto dovere di esprimere e di operare per il bene comune. Bene comune, quale idea di una scelta collettiva, basata sul disinteresse personale presente e futuro, scevra da ogni sovrastruttura ereditata da una cultura del “fare politica” che certamente non appartiene all’accezione originaria del termine.
Purtroppo, nella realtà delle cose, i fatti non corrispondono ai concetti. E purtroppo, si assiste ad una inesorabile perdita di valori, che dovrebbero essere universalmente sentiti come tali, in tale forma emorragica, che ogni tentativo di intervento si riduce ad inutili tamponamenti delle singole ferite.
I fatti smentiscono regolarmente le parole, perfettamente elaborate e propinate ad ogni piè spinto attraverso gli organi di comunicazione a noi più cari, soprattutto quello più in uso: il pettegolezzo da bar, laddove spesso si ha la presunzione di determinare azioni in un senso o nell’altro, manovre politiche, piuttosto che improbabili e aleatorie alleanze di comodo, destinate miseramente al fallimento, e delle quali vittime inconsapevoli diventano i cittadini, che spesso vengono coinvolti in un vortice di bugie, di “sviamenti” artati all’uopo , ai quali non possono e non sanno sottrarsi, divenendo, loro malgrado, complici di un disegno abilmente tramato dagli stessi che hanno beneficiato dei loro voti, e che per amore di un maggiore “accaparramento” futuro non esitano a lesinare.
Cosa ci resta da fare allora nelle riunioni del Consiglio Comunale, se è già stato tutto deciso tra una granita ed un aperitivo, una birra e un caffè?
Questa domanda avrei desiderato rivolgerla al Presidente del Consiglio, in quell’aula consiliare dove dovrei risiedere, dove avrei anche diritto di parola e nella quale imparzialità, rispetto dei ruoli, civile confronto dovrebbero dallo stesso essere garantiti. In un civico consesso capace di rivolgere indirizzi politici collettivi, capace di operare un effettivo controllo sulle azioni amministrative e in grado di elevare non i toni della discussione, come regolarmente accade, ma quantomeno le idee progettuali ad un livello consono alla qualità del paese che rappresentiamo.
A cosa si assiste invece regolarmente in tutte quelle riunioni, divenute ormai quasi giornaliere, convocate ormai quasi tutte adducendo i motivi dell’urgenza, che francamente tale non è quasi mai, riunioni nelle quali gli insulti, spesso rivolti alla persona e non al ruolo, i discorsi recriminatori per quello che è stato e non potrà mai essere, prendono regolarmente il posto della produttività a noi richiesta?
La motivazione ricorrente è questa: “il Consiglio comunale è sovrano e deve riprendere in mano tale sovranità”.
Bene, sono d’accordo, ma i frutti di tale “sovranità” perseguita ad ogni costo, dove stanno?
E il metodo dell’”inciucio” spudorato (e dire questo è poca cosa), ormai palese a tutti, tra la figura più rappresentativa della politica popolare, dopo quella del primo cittadino, che è il Presidente del Consiglio comunale, eletto tra le fila della maggioranza, dalla maggioranza voluto alla guida del consiglio, il quale, quale “esempio di estrema coerenza e rispetto per il ruolo che esercita” e del quale proclama si riempie spesso la bocca, continua con i fatti a contribuire ad un annichilimento delle prerogative di tutti quei colleghi consiglieri che non rientrano nelle sue grazie, non concedendo la parola, avocando comode “distrazioni” che gli impediscono di sentire la richiesta di intervento, fino al punto che spesso ormai i lavori consiliari si svolgono anche in assenza del numero legale previsto dalla legge?
Che, sovrapponendo regolarmente le convocazioni consiliari, a quelle dell’amministrazione (che pure avrà qualcosa da comunicare, da far conoscere, altrimenti che ci sta a fare?), al solo scopo di impedirne la partecipazione, o quantomeno per mettere ciascuno di fronte ad una scelta difficile, ma necessaria?
Che, pur non avendo quasi mai preso parte a quelle riunioni (che egli avrebbe dovuto convocare con la “sua” maggioranza e che delle quali non se ne ha notizia), necessarie a definire le linee di intervento in consiglio allo scopo di essere produttivi senza defatigare, necessarie ad assumere tutte le informazioni e i documenti disponibili per deliberare in piena scienza e coscienza.
Che essendo forte della esperienza maturata e profondo conoscitore delle norme e dei regolamenti, usa queste armi in modo improprio solo per creare malessere a quanti, come me, amano definirsi “dilettanti” della politica in spirito di servizio?
Il risultato: nulla. Nulla di nuovo sotto il sole, nulla di buono per il nostro paese.
E questo senza remore di smentita, e senza timore di conseguenze, anzi sarebbe forse il caso che qualcuno ci mettesse il “naso”, che a qualcuno venisse in mente di chiedere conto dei “frutti” prodotti dalla sovranità del civico consesso che costa ai cittadini non solo le indennità dei consiglieri, ma anche le ore di straordinario lavoro svolto dai funzionari, quando gli stessi non vengono distolti dai compiti d’ufficio per ore ed ore, senza risultato alcuno. Sarebbe il caso che i cittadini attenti alle sorti del paese cominciassero a chiedersi, ad informarsi sul perché e dove siano finite tutte quelle deliberazioni del consiglio definite per “urgenza”.
Così come sarebbe il caso di verificare sul campo, e non solo attraverso i riferimenti da bar, di quello che realmente accade nella politica eoliana. Dove contrasti personali rischiano di essere tradotti in questioni di generale importanza, dove tutto ci si permette il lusso di concedersi, pur di avviare una campagna elettorale che dovrebbe durare almeno due anni. Perché solo questo è il reale obiettivo.
Davanti a questo modus “non” operandi (mi scuso per la licenza linguistica), di fronte alla prevaricazione di tutti i comportamenti altrimenti improntati alla imparzialità, pur cercando di garantire la personale presenza alle riunioni del civico consesso (non fosse altro per poter testimoniare personalmente di ciò che accade), da questo momento e fino al perdurare di questa che definisco “sporca”, sleale e indegna operazione che nulla ha a che vedere con la politica del “fare”, pur non risolvendomi nella facile azione di comparsa, continuo il lavoro che sono stata chiamata a fare, che so di fare nella piena coerenza e onestà intellettuale che ho scelto come modello di vita. Rimango disponibile all’ascolto di tutte le istanze di tutti i cittadini che lo vogliono, ma consentitemi di prendere le distanze da figure di questo genere che hanno prostituito la nobile arte della politica, sacrificandola all’altare del proprio “io” incondizionato. Ma tanto, tutto ciò avrà vita breve …
Rosaria Corda
Consigliere Comunale PDL