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giovedì 9 gennaio 2014

Tassa di soggiorno influisce sulla vacanza. Studio dell'osservatorio nazionale

(Ansa) Sono 500 i comuni italiani che hanno introdotto, nel 2013, la tassa di soggiorno o l’imposta di sbarco. Il Comune numero 500 è stato quello di Siracusa. Un numero consistente – osserva l’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno, che ha fornito, in uno studio, tutti i numeri – la cui concentrazione si ha soprattutto in due regioni: la Toscana (con 103 Comuni) ed il Piemonte (con 98 Comuni) e che, al contrario, non ha coinvolto, almeno per il 2013, nessuna località del Trentino Alto Adige né del Friuli Venezia Giulia. E se nell’anno appena concluso i 500 Comuni che hanno introdotto questa tassa si stima che abbiano incassato 287 milioni e 350 mila euro, gli incassi saliranno ad oltre 383 milioni nel 2014. La tassa di soggiorno, però, sembra incidere sulla scelta di vacanza che fanno gli italiani: il 45,7% di coloro che vanno in vacanza tiene infatti conto della presenza o meno di questa tassa al momento della prenotazione.
Secondo lo studio dell’Osservatorio, solo per il 17,1% non fa differenza la presenza o meno della tassa di soggiorno. Ben il 79,6% dei nostri connazionali manifesta poi la propria contrarietà a questo balzello. Tra coloro che giudicano negativamente la tassa di soggiorno, il 31,1% la reputa “odiosa, inutile, è un abuso ed una truffa legalizzata”; il 16,3% la considera “un’altra tassa sulla testa degli italiani”, per il 15,7% rappresenta un “deterrente nella scelta del luogo di vacanza”, mentre l’11,7% afferma che la sua applicazione “non viene utilizzata per fini turistici”. Tra gli italiani che, invece, danno un giudizio positivo alla tassa di soggiorno (13,8%), ben il 37% si dichiara favorevole a condizione che “serva a creare nuovi servizi per i turisti ed i residenti”. Una quota del 30,7%, invece, dichiara che “è utile se viene destinata a fini turistici, per tutti”, mentre il 12,2% degli italiani considera che “se la tassa è presente all’estero è giusto che ci sia anche in Italia”.
Infine, l’11,1% del panel degli intervistati afferma che “è utile per i Comuni, ma deve essere ragionevole”, ed il restante 9% dichiara invece che la tassa di soggiorno “può essere valida solo per le città “museo”, quindi con ricchezze importanti da preservare”. Infine, gli italiani che manifestano neutralità nei confronti dell’applicazione della tassa di soggiorno sono il 6,6%. Per il 30,9% di questi la tassa “potrebbe anche servire, ma non in questo periodo di crisi economica”, mentre per il 22,7% è “da pagare, ma non a parte: deve essere inclusa nel conto dell’albergo”. Gli imprenditori, da sempre, non sono favorevoli alla tassa di soggiorno. “E’ una gabella di stampo medievale”, è la posizione di Assoturismo-Confesercenti, guidata dal presidente, Claudio Albonetti.
Mentre il presidente di Federalberghi (Confcommercio), Bernabò Bocca, invita a “non commettere l’errore di estendere a tutti i Comuni d’Italia l’imposta di soggiorno” come vorrebbe una proposta che è stata approvata nei giorni scorsi da una Commissione parlamentare. “E’ un esempio lampante di misura anti-turistica. L’Italia – conclude Bocca – deve superare questa visione miope, che si ricorda del turismo solo al momento di spremere le imprese”. “Oggi il problema primario – sintetizza Massimo Feruzzi, responsabile dell’Osservatorio Nazionale sulla Tassa di Soggiorno – non è tanto l’applicazione dell’imposta in quanto tale che, se ben gestita in maniera omogenea, può permettere alle Amministrazioni locali di effettuare investimenti in ambito turistico, ma il fatto che la stessa imposta venga applicata senza studiare apposite strategie capaci di annullare lo spirito di “de-feeling” che la stessa tassa può generare”.

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