Lo scrittore e la madre. Penso al bellissimo romanzo di Camon, Un altare per la madre; penso alla madre suicida di Peter Handke raccontata nel breve e intenso romanzo, Infelicità senza desideri.
Il poeta e la madre. Penso alle tante poesie che i poeti italiani del Novecento hanno dedicato alle loro madri. Penso a Pasolini, Quasimodo, Ungaretti, Saba, Montale. Ritratti intensi, indimenticabili.
Le madri cattoliche del Novecento. È il titolo di uno dei diciannove poemetti inseriti nella nuova raccolta, Telepatia di Gian Mario Villalta, edita recentemente da LietoColle. Un vero e proprio attentato alle premurose super madri dei poeti del novecento. Nonostante prenda le distanze, però, anche lui non può fare a meno di scrivere delle poesie sulla madre. Diverse, molto diverse, di quelle dei poeti del Novecento. Ma quello che conta è il pensiero, si dice così, no?
Al di là di tutto, colpiscono, e anche molto, le poesie sulla madre di Villalta. Rappresentano, in pratica, qualcosa di nuovo, un modo di vedere da questo nostro tempo che si estende al di là della voragine:
“ Ma tu così né mai
l’avresti detto,/ né io direi, non fosse per la nausea/ di tutte quelle solite
madri/ dei poeti del Novecento,/ le super madri cattoliche/ di fine aspetto (
un po’ dimesso)/ tutte carezze sofferte/ e premura, ipoteca futura sul bene/ e
sul male – fatale, stesso effetto sui pargoli:/ far sentire l’affetto un morbo/
inguaribile, un prestito a usura./ Ma adesso che più non vale il modello/ della
Madonna e del Figlio,/ restano senza appiglio/ i facitori di versi?Non ci sarà più il sorriso/
doloroso, il sacrificio che esige riscatto,/ il perenne senso di colpa/ per un
misterioso misfatto./ Della madre diranno che tutto l’anno/ odorava d’estate e
aveva i capelli più luminosi,/ le labbra vermiglie più di tutte quelle/ della
sua età./ Anche di quelle della pubblicità.”
LietoColle
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