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lunedì 1 agosto 2011

Lettere al direttore. Alcune considerazioni sulle mostre a Lipari

Riceviamo e pubblichiamo
Egregio direttore,
facendo un giro nel web, penso che l'unico medium di comunicazione attendibile sulle Isole Eolie a cui scrivere sia il suo "Eolie news" così le mando queste poche righe...forse avrei preferito commentare direttamente i post relativi ma ho visto che è possibile solo agli iscritti...
Solo alcune brevi considerazioni che vorrei condividere su alcune mostre che mi è capitato di vedere (e non vedere) a Lipari in questi giorni di residenza sull'isola.
Ieri mattina parto da Acquacalda con l'obiettivo di visitare la mostra "Valencia todo cambia" (città tra l’altro che mi è cara perché l'ho visitata alcune volte grazie a degli amici di quelle parti). Mi accerto dell'orario di apertura che al mattino è dalle 10 alle 13. Penso: "...spero proprio di vederla perche domenica chiude". Raggiungo la galleria dell'ascensore del Museo...aspetto... le 10.. 10.15... 10.40... 11...11.15...mentre guardo sfilare per via Garibaldi diversi e variopinti tipi sociali turistici, alla fine anche la mia costanza cede e chiedo ad un commerciante se la mostra al mattino fosse aperta: mi risponde cortesemente che apre solo la sera. A ciò mi chiedo piccato: ma perché viene scritto un orario di apertura e poi non viene rispettato? Se aprire i locali delle mostra è compito di chi la ha allestita, questa persona prende sul serio il lavoro che svolge? Se aprire i locali è compito di un addetto del museo, prende sul serio il suo lavoro per il quale penso sia anche pagato?
Altro scenario...casualmente vengo invitato (in via assolutamente informale) ad ascoltare un momento musicale che si è tenuto nella chiesa dell'Immacolata il 22 luglio.
Vorrei capire come è possibile che una chiesa (indipendentemente che sia o meno consacrata, e nel primo caso la cosa sarebbe ancora più grave) così bella nella sua essenzialità possa essere violentata e ridotta a contenitore di una mostra di quel genere (ben inteso, pur non avendo nulla contro la mostra in sè nè contro Daniele Fortuna). Certo, chi ha autorizzato l’allestimento potrà controbattere citando le solite storie: ma quel filosofo dell’estetica dice che…ma nel suo libro c’è scritto che…ma l’arte contemporanea…ma la mostra è ironica e tu non la capisci…e via dicendo. A parte che una delle opere prevedeva un cerchio fatto di lana rossa sul pavimento sul quale la gente “ignorante” ci camminava sopra e l’artista in questione andava in giro raccogliendo come novella Arianna tutti i fili che si spargevano qua e là, mi chiedo: chi ha autorizzato ciò, si rende conto che ha profanato un luogo esteticamente sacro? Si è accorto degli scranni del coro finemente dipinti, dell’altare arricchito di pregevolissime tarsie marmoree (e sul quale era stata “appoggiata” una delle “creazioni” dell’artista), dell’organo a canne, (solo per citare ciò che è più evidente)? Ma allora se un giorno dovesse presentarsi l’artista à la page di turno e dimostrare con perfetta lucidità estetica che cagare (mi si passi il disfemismo) in chiesa è da ritenersi un’opera d’arte (ogni riferimento all’opera di Piero Manzoni è puramente casuale) uno che gli dice “prego si abbassi i pantaloni”? Ma non esiste un locale più consono dove poteva essere allestita?
Detto questo, la ringrazio della cortese attenzione e riconoscendo l’alta opinabilità delle mie considerazioni, le porgo i miei più distinti saluti.
Gabriele Russo

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