In un momento di evidente recesso economico e di una crisi che – tra le prime conseguenze – delinea grandi incertezze per il settore turistico, gli amministratori di un territorio ad alta valenza turistica dovrebbero proporre soluzioni intelligenti e sostenibili per incentivare l’attrattività e l’accessibilità dello stesso territorio. Cosa può avere allora ispirato un provvedimento come quello – annunciato ieri con grande soddisfazione dal sindaco Bruno – dell’aumento del “ticket di ingresso” e del “ticket di accesso ai vulcani”? Una grave forma di miopia? Una dissociazione dalla realtà? Un segreto desiderio di mettere in fuga i sempre più parsimoniosi visitatori che si avventurano ancora alle Eolie?
Proviamo a tirare qualche somma: lo stesso sindaco Bruno che oggi chiede e ottiene l’aumento a 3 euro del ticket di ingresso ha proposto l’istituzione di una tassa di soggiorno, temporaneamente accantonata, ma che a breve potrebbe essere ripresentata e approvata dal consiglio comunale, il cui importo varierà a seconda del livello della struttura di alloggio; nel frattempo, l’assessore regionale Armao sta per introdurre una tassa di accesso alle aree protette (ve ne sono in tutte le Eolie, eccetto che a Lipari e Vulcano). Il malcapitato visitatore si troverà dunque a pagare: 1) un ticket di accesso per l’“emergenza Eolie”, 2) una tassa di soggiorno per il periodo nel quale sarà ospite di un albergo, di un B&B, di un residence, e, se vorrà visitare una o più isole dell’arcipelago, 3) altrettante tasse di accesso alle rispettive aree protette. Se poi non si limitasse a prendere il sole in spiaggia e fosse appassionato di escursioni – proprio la tipologia del turista “fuori stagione” che si vorrebbe incrementare – pagherà ancora 5 euro di ticket di accesso per il cratere di Vulcano e altri 5 euro per quello di Stromboli. Per una settimana, è facile stimare un’estorsione di entità variabile tra i 30 e i 50 euro sotto forma di tasse, versate senza riscontri giustificabili, senza nulla in cambio: niente male, come incentivo a un soggiorno nelle nostre isole. A chi obiettasse che, visto il giro di vite subito dagli enti locali, è necessario ricorrere a queste forme di esazione, ricorderò che solo i proventi dell’eventuale tassa di soggiorno andrebbero – forse – a fare parte del bilancio comunale, perché i ticket sono gestiti autonomamente dal funzionario delegato all’emergenza (nel caso attuale, per coincidenza si tratta del sindaco) e quelli delle aree protette sarebbero destinati ai rispettivi enti gestori o alla Regione.
Vorrei ora soffermarmi sul ticket di 5 euro per l’accesso ai crateri di Stromboli e Vulcano. La cifra è quasi equivalente a quella del biglietto di ingresso al museo di Lipari, dove grazie a più di mezzo secolo di ricerche archeologiche vengono custodite e descritte minuziosamente le testimonianze di 7000 anni di presenza dell’uomo nelle nostre isole, dove c’è un costante lavoro di manutenzione, mantenimento, implementazione dei padiglioni, dove ci sono 30 custodi, dove c’è un gabinetto. La passeggiata per il cratere di Vulcano – bellissima, per carità – può essere considerata equivalente, in termini di offerta di servizi, a un museo? Quali sono i servizi dei quali i visitatori beneficiano grazie ai proventi del ticket? Lungo più di un chilometro di tracciato troneggiano due panchine in legno; da qualche settimana, sono stati collocati anche quattro cartelli con il countdown della distanza dalla cima (800, 600, 400, 200 m … che angoscia!); nella parte sommitale sarebbe stata utile una semplice tabella informativa sulla tossicità dei gas nei campi fumarolici, che invece manca; non parliamo poi di eventuali servizi igienici, né dello stato del sentiero, dove ogni pioggia mette a nudo i tratti di battuto in pietra e cemento realizzati sulla sabbia, scavati lateralmente come attorno a un corpo estraneo che il cratere sembrerebbe quasi volere espellere. Questi quattro cartelli, insieme agli altri sparsi per l’isola e il cui progetto è stato gestito nell’ambito dei fondi dell’“emergenza” (dunque non pertinenti a un bilancio comunale verificabile), sono costati la modica cifra di 75.000 euro. È questa, la magia dell’“emergenza”: potere spendere 75.000 euro per un numero esorbitante – e palesemente inutile – di cartelli, oppure assumere i “controllori” del ticket selezionandoli in maniera assolutamente arbitraria, come si faceva fino a qualche anno fa, con grandi benefici elettorali per il sindaco-commissario, oppure pagare lauti straordinari a dirigenti e funzionari comunali impegnati nella contabilità dei ticket stessi. Il piatto, già ricco con 1 euro di ingresso e 3 euro di accesso ai crateri, diventerà ancora più gustoso con l’aumento, rispettivamente, a 3 e 5 euro per il 2012; forme di controllo del rendiconto delle spese: di fatto, nessuna.
Per comprendere meglio l’arbitrarietà di queste spese, ricordo che negli ultimi due mesi, con determine del commissario per l’emergenza, sono stati liquidati quasi 4000 euro per forniture di carburante al battello pneumatico Nadir G25, ovvero il gommone della Protezione Civile in forza al Comune di Lipari. Quali importanti missioni ha effettuato questo gommone, a parte scorazzare il sindaco-commissario in giro per le isole, anche per occasioni di dubbia coerenza con le finalità per le quali è stato assegnato? Quale è stato il suo effettivo utilizzo, per quali obiettivi e con quali risultati? Vuole il sindaco-commissario fare chiarezza pubblica su quando e perché si è mosso il gommone e sul perché siano stati spesi 4000 euro in soli due mesi?
L’aspetto più grottesco di questa ignobile farsa è la motivazione dell’“emergenza” stessa, dovuta al “massiccio afflusso turistico”. Forse, per risolvere questo grave problema, l’amministrazione – con la complicità della Protezione Civile – intende utilizzare i ticket e le altre tasse come deterrente per scoraggiare questo “afflusso turistico” che, da noi, diventa un’emergenza, mentre in altre località viene considerato una gradita risorsa. Sembra l’ultimo atto di una controversia liparitana del XXI secolo, dove ci si ingegna a escogitare i dazi e i balzelli più disparati ai danni dei malcapitati visitatori come se questi fossero dei fessi, disposti a pagare sempre senza pretendere qualcosa di concreto in cambio. Probabilmente non sanno dei cartelli, degli straordinari e del gommone, altrimenti si sentirebbero letteralmente derubati. Ma siamo noi, in realtà, a doverci sentire derubati. Noi rischiamo di pagare, tutti, il conto finale di una scellerata politica di vessazione del turista, applicata con dissennato vigore proprio in un momento nel quale andrebbe costruita un’offerta credibile per una destinazione già costosa e difficile da raggiungere, priva di servizi e di elementari forme di organizzazione del proprio territorio. Un territorio dove ogni pioggia si trasforma in un dissesto idrogeologico, dove non esiste un servizio igienico pubblico, dove trovare un cestino dei rifiuti nelle vie principali dei centri urbani è un’impresa degna di Indiana Jones, dove avventurarsi per i sentieri equivale a un viaggio nella jungla, dove negli ultimi due anni almeno una decina di tour operator e di agenzie che mandavano gruppi in bassa stagione hanno preferito ritirarsi e rivolgersi ad altre destinazioni. Altro che “massiccio afflusso turistico”; la vera emergenza di questo paese è la sua amministrazione, anzi, l’incapacità di amministrarlo e di promuoverne le risorse, piuttosto che vessarle con tasse ingiustificabili e intollerabili.
Pietro Lo Cascio (SEL)
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