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sabato 29 dicembre 2012

INCUBO SCORIE NELLE MINIERE ECCO I SITI A RISCHIO IN SICILIA

di Giulio Giallombardo -
Davano lavoro a migliaia di famiglie e adesso sembrano essere fonte di mali incurabili. “Croce” e un tempo “delizia”. È il beffardo paradosso delle miniere dismesse, secondo molti, diventate vere e proprie bombe ecologiche. I sospetti che alcune fra le più importanti ex cave della Sicilia, nel corso degli anni, siano state utilizzate per stoccare illegalmente rifiuti pericolosi, tra cui scorie radioattive, circolano da molti anni, tra indizi probabili e secche smentite. Un esempio fra tutti, la miniera di sali potassici di Pasquasia, su cui l’ombra delle presunte scorie nascoste all’interno ha pesato per vent’anni. Per fortuna, alla luce delle recenti indagini dell’Arpa che hanno scongiurato il rischio ambientale, l’ex miniera dell’Ennese è in fase di bonifica e si parla, addirittura, di una prossima riapertura.
CAMPANELLI D’ALLARME – Lo stesso, però, non può dirsi delle altre miniere dismesse. Giuseppe Regalbuto, presidente della Commissione Urps per le miniere dismesse, ha diffuso una mappa delle aree più a rischio in Sicilia, elaborato a seguito di uno studio su quattro province: Caltanissetta, Agrigento, Siracusa ed Enna. Il campanello d’allarme che alimenta il sospetto è legato all’alta mortalità degli abitanti a causa di gravi malattie degenerative, a volte concentrate solo in pochi paesi vicini ai siti segnalati. Nel Nisseno, ad esempio, negli ultimi anni, si è registrata un’impennata di sclerosi multipla, leucemia e patologie simili, con un aumento delle neoplasie che si attesterebbe intorno al 20%.
BOSCO E LAGO SOPRANO – La prima ex miniera “incriminata” è quella di Bosco, nei pressi di San Cataldo, nel Nisseno appunto, su cui già aveva sollevato l’attenzione la stessa Provincia, lo scorso marzo. La cava di salgemma è stata chiusa alla fine degli anni Ottanta, quando era ancora in produzione. “Da quanto scoperto finora – avverte Regalbuto – emerge che il sito sarebbe stato utilizzato negli anni ’90 per smaltire rifiuti nucleari e ospedalieri”. Non poco distante da Bosco c’è, però, un’altra area a rischio, anche se in questo caso non si tratta di una miniera: il lago Soprano di Serradifalco. C’è il rischio che nel fondo del piccolo specchio d’acqua possano trovarsi alcuni residui di Cesio 137, isotopo altamente radioattivo, con il paradosso che l’area ricade in piena riserva naturale. A denunciare la presenza di scorie è stato, qualche anno fa, l’ex assessore provinciale e comunale Salvatore Alaimo, che ha inviato un esposto alla Procura della Repubblica di Caltanissetta, ai vertici investigativi di carabinieri e polizia e all’allora governatore Raffaele Lombardo.
RAINERI E CIAVOLOTTA – Ma la lista non finisce qui. Restando nel Nisseno, a pochi chilometri daMussomeli, segnaliamo l’ex miniera Raineri, su cui si sa davvero poco. L’area è circondata da un alone di mistero, secondo molti residenti, come i precedenti siti, sarebbe stata per anni deposito di scorie nucleari che adesso inquinerebbero le falde acquifere. Spostandoci, poi, nella provincia di Agrigento, a due passi dalla Valle dei Templi, troviamo Ciavolotta che sarebbe stata sfruttata quale deposito di materiali tossici e, secondo alcuni, anche di rifiuti radioattivi. Potrebbe essere questa la causa del progressivo aumento di tumori nel territorio.
LA “CAVA DEI VELENI” – Nella Sicilia orientale troviamo, infine, la tristemente nota “cava dei veleni”. Si tratta della miniera di San Giuseppe, tra Melilli ed Augusta, nel Siracusano, dove pare che per anni siano stati depositati rifiuti tossici di derivazione industriale. I campionamenti fatti da “Sviluppo Italia” in quella che era un tempo una cava di pietra calcarea utile per l’edilizia, hanno accertato la presenza nel sito di un’ingente quantità di pirite di ferro, sottoprodotto della lavorazione dell’acido solforico, smaltita prima del 1982, cioè quando ancora non era entrata in vigore la legge che disciplina lo smaltimento dei rifiuti speciali, nocivi e pericolosi. Il presidente Regalbuto ha assicurato che invierà presto all’Arpa Sicilia una nota per approfondire le ricerche sui siti a rischio: il buio ventre della Sicilia deve essere illuminato. Al più presto.

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