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martedì 26 maggio 2015

"La storia delle isole Eolie"...conosciamola attraverso lo storico Giuseppe La Greca. 26 maggio 1971: I mafiosi a Filicudi

26 maggio 1971
Le giornate di passione di Filicudi prendono l’avvio il 26 maggio 1971; si inizia alle quattro della notte. Un aliscafo della S.A.S. viene noleggiato dall’amministrazione per trasportare i consiglieri comunali a Filicudi; è la prima volta, nella storia politica del Comune di Lipari che si tiene una seduta fuori dal palazzo di Piazza Mazzini. La circostanza lo richiede come mai prima. Oggetto della convocazione: «I mafiosi a Filicudi». Qualche ora dopo da Messina, alle 07.30, partirà e l'aliscafo “Freccia del Peloro” che conduce i mafiosi a Filicudi.
È la giornata dello sbarco, delle barricate, della protesta, dell’arrivo dei centinai di eoliani sull’isola per dimostrare contro l’invio dei mafiosi.
Nel corso del 27 maggio a Filicudi, i due gruppi contrapposti si fronteggiano, mentre dal resto dall’arcipelago confluiscono persone e vettovagliamenti; complessivamente arrivano nell’isola circa mille eoliani.
Si comprende chiaramente che è una situazione di estrema tensione che non si sa dove potrà portare. Anche nelle altre isole dell’arcipelago la situazione si fa pesante: i negozi sono chiusi da tre giorni e nella mattinata solo per due ore è stato consentito di fare rifornimento di generi alimentari, ma per le altre ore del giorno quasi tutti i negozi mantengono l’impegno di rimanere chiusi.
A Filicudi i boss, almeno i più anziani, nella notte tra il 26 ed il 27, hanno avuto una sistemazione tutto sommato decente in un vecchio bar. I meno fortunati, quelli che non hanno trovato posto nel bar, sono stati costretti a rimanere fuori nell’albergo in costruzione. Il rapporto fra poliziotti e abitanti da l’idea dello stato di tensione che vi è nell’isola: per ognuno dei 400 abitanti dell’isola di Filicudi c’è un poliziotto. La notte, tra il 27 ed il 28 maggio, la seconda lunga notte, vede ancora una volta da una parte i 15 boss della mafia protetti dagli agenti di P.S., dall’altra parte gli eoliani che continuano a darsi cambio per essere il più possibile freschi e pronti per ogni necessità. Gli eoliani si dividono quel poco che hanno: ai boss nulla.
 Il 28 maggio 1971 è il giorno più lungo vissuto nell'isola. Da due giorni quasi mille eoliani fanno scudo con il proprio corpo per impedire che i mafiosi siano sistemati a Filicudi. Di fronte all'invio massiccio di forze dell'ordine, i responsabili del comitato dovranno prendere una decisione grave, troveranno quella più intelligente e che alla fine darà i frutti sperati.
Intorno alle 8 e 30 arrivano quasi contemporaneamente la “Basiluzzo” da Lipari e la motonave “Nuova Ustica” da Palermo. Dalla “Nuova Ustica”, appositamente requisita, quasi contemporaneamente, vengono sbarcati 200 carabinieri. Questo arrivo mette in allarme gli eoliani che continuano a raccogliersi dietro la barricata.
Sono le 11, un traghetto entra in rada. Si stenta a credere a ciò che si vede. Sulla chiatta sono parcheggiati in triplice fila nove automezzi della polizia compresi alcuni cellulari, camion, cucine da campo, autoblindo del battaglione mobile della PS di Taranto. Ovviamente questi mezzi non hanno potuto prendere terra dal momento che Filicudi non ha una sola strada carrozzabile, ma soltanto sentieri di montagna; eppure hanno fatto arrivare nell’isola autocarri forniti anche di idranti per cariche impossibili; anche questo spiegamento di forze, che si aggiungeva al reparto dei carabinieri, ha avuto il suo effetto psicologico su gran parte della popolazione che si è resa subito conto di non poter difendere le quattro barricate che erano state innalzate dinanzi all'imbarcadero tra mercoledì e giovedì scorsi. Il reparto Mobile di polizia di Taranto, circa duecento agenti, si viene ad aggiungere agli oltre duecento fra poliziotti e carabinieri già presenti. La gente ride amaramente o piange di rabbia e continua a rimanersene nelle barricate. Poco dopo dalla lancia dei carabinieri scende anche il questore di Messina, Ottavio Reggio D’Aci con il capo di gabinetto dott. Toscano e il commissario De Felice dirigente della squadra politica della Questura.
Quindi, l’incontro con i rappresentanti del comitato. “Via i mafiosi dall’isola”, chiedono quelli del comitato. I componenti tentano di spiegargli che quello spiegamento di forze è assurdo, che a Filicudi non vi sono delinquenti ma che i delinquenti ce li ha portato lo Stato e che devono riportarseli indietro. Il questore dice chiaro e tondo che non può ascoltare le pur giuste rimostranze degli isolani in quanto aveva ricevuto il tassativo ordine di mandare in porto tutta l’operazione. Sono momenti altamente drammatici. Il colloquio si svolge con toni aspri e vivaci.
A questo punto la situazione precipita, i consiglieri Carnevale e De Pasquale rendono nota la decisione, liberamente ed autonomamente, presa nella mattinata dagli abitanti di Filicudi, quella di evacuare l’isola per dar completamente posto alle forze dell’ordine ed ai quindici presunti mafiosi. Sul breve tratto di molo dove è stata eretta la barricata inizia un movimento di folla. Gente che va senza meta, donne anche uomini che piangono, svenimenti. La gente spranga le porte delle loro case, ammassano nei lenzuoli quel che possono, ne fanno enormi fagotti ad abbandonano l’isola. Vecchi che non riescono dapprima a rendersi conto di quel che sta accadendo e che poi inveiscono contro lo Stato traditore che gli ruba la terra. È inizia l’evacuazione disperata dell’isola. Donne, bambini, anziani e giovani, quasi cedendo di schianto, si sono avviati alle barche dei pescatori per trasferirsi sulla “Basiluzzo”. Una fila mesta di persone piegate dalla fatica e dal dolore di dover lasciare ogni cosa. Alle 12 sulla prima imbarcazione prendono posto donne, bambini, anziani, che portano vie poche masserizie raccolte in fretta. È una scena tragica, la scena del naufragio assurdo incredibile di una intera isola che va a fondo anche se rimane col suo carico di agenti carabinieri e mafiosi.
Dopo due giorni e due notti di resistenza Filicudi ammaina la bandiera della rivolta, in maniera dignitosa, rifiutando qualsiasi accenno alla violenza. Gli eoliani cedono piangendo di disperazione di fronte ad una manifestazione di forza, 500 uomini armati di tutto punto, una operazione di pretta marca militare che non ha precedenti nella storia delle Eolie. Non si era mai visto uno schieramento di forze così importante, e suggestivo contro una popolazione che da due giorni andava ripetendo a voce alta che non voleva in modo assoluto provocare incidenti con le forze dell’ordine, ma solo difendere con la forza della dignità e del decoro il diritto alla vita. Il diritto a sperare in una vita migliore che doveva essere garantita proprio da quello Stato che oggi ha violentato Filicudi. Tutti i corrispondenti della stampa presenti a Filicudi sono impressionati dall’energia con cui il Governo ha voluto mandare in porto l’operazione, un’energia spiegata contro una popolazione inerme e pacifica che, difendeva il proprio diritto ad un’esistenza dignitosa.
Abbiamo voluto qui ricordare i momenti più drammatici di una vicenda che resterà nella storia delle nostre isole e nella storia della cronaca nazionale, come pagina di sublime e civile eroismo di un pugno di eoliani, contro un provvedimento assurdo per la cui esecuzione sono stati mobilitati mezzi e truppa, sufficienti per affrontare un nemico armato o per eseguire in guerra una occupazione militare.
 Per approfondimenti: Giuseppe La Greca, Le Giornate di Filicudi, prefazione di Pietro Grasso, edizioni del Centro Studi Eoliano, 2011.

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