Una Sicilia esposta al rischio frane e alluvioni, quella fotografata dall'indagine di Legambiente e del Dipartimento regionale della Protezione Civile, nell'ambito della campagna nazionale «Operazione fiumi 2009» e presentata ieri a Palermo. Un territorio fragile, dove sono 273 i Comuni a rischio, il 70% del totale, anche a causa di uno sviluppo urbanistico e un uso del territorio e delle acque poco rispettosi degli equilibri dell'assetto idrogeologico.
Nonostante il 76% delle amministrazioni monitorate preveda nei propri piani urbanistici vincoli di edificabilità per le zone a rischio, la quasi totalità dei comuni intervistati presenta ben il 93% di abitazioni in tali aree e il 73% di strutture e fabbricati industriali edificate in zone a rischio. Ancora, nel 29% dei casi presi in esame sono presenti in zone esposte a pericolo strutture sensibili, quali scuole, ospedali, e strutture ricettive turistiche come alberghi e campeggi.
«Regione, Province e Comuni della Sicilia sembrano aver posto le politiche della protezione civile tra le priorità di lavoro- commenta Sebastiano Venneri, vicepresidente Legambiente- ma questo settore va ulteriormente valorizzato e potenziato. Bisogna lavorare in termini di prevenzione perchè non si verifichino fenomeni critici, sostanzialmente si deve lavorare su due fronti: manutenzione dei corsi d'acqua, e l'altro sulla delocalizzazione, in alcuni casi anche di quartieri, non possono coesistere manufatti con aree golenali o su torrenti di fiume sennò si rischia Messina bis».
Segnali positivi vengono dalla pianificazione dell'emergenza e l'organizzazione della protezione civile locale: il 69% dei Comuni, infatti, ha predisposto un piano per fronteggiare situazioni di crisi, e il 42% delle municipalità hanno aggiornato tale piano negli ultimi due anni.
Sono ancora molte però le amministrazioni comunali siciliane che tardano ad attivare adeguate politiche di prevenzione e pianificazione d'emergenza. Solo il 9% dei Comuni risulta svolgere un lavoro positivo di mitigazione del rischio idrogeologico. Le provincie più a rischio sono quelle di Messina e Caltanissetta ( rispettivamente con l'86% e l'84% dei Comuni in aree potenzialmente pericolose).
Il 77% delle amministrazioni che hanno risposto alle interviste hanno abitazioni nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi e nelle aree a rischio frana, il 49% delle municipalità monitorate presenta addirittura interi quartieri in zone a rischio. I Comuni siciliani che ottengono il punteggio più basso fra quelli intervistati sono sei: Palma di Montechiaro), Valderice e Poggioreale , Sortino, Balestrate e Rometta , dove, nonostante la pesante presenza di strutture edilizie e perfino di interi quartieri in aree esposte a pericolo di frane e alluvioni, non sono stati avviati interventi di mitigazione del rischio.
«Il territorio è governato male, questo ormai è accertato, e sono soprattutto obsoleti gli strumenti classici di governo del territorio, quindi piani regolatori -dice Salvatore Cocina, dirigente generale della Protezione Civile regionale- Il problema è ancora più delicato, alla luce dei fatti avvenuti, bisogna radicalmente cambiare il modo di approccio al territorio e cambiare gli strumenti urbanistici, va cambiata la mentalità di approccio al sistema e quindi cominciare seriamente ad individuare i punti a rischio, non solo su base burocratica ma sostanziale».