
Attenzione
ai vulcani che sembrano spenti, in realtà potrebbero essere solo
dormienti e risvegliarsi di colpo. E’ questo quanto si è scoperto
tenendo sotto controllo alcuni vulcani ritenuti ormai inattivi
attraverso l’uso di satelliti. Come avvenne con il vulcano islandese
Eyjafjallajökull nel 2010 un’eruzione in certe aree del pianeta può
avere serie conseguenze sulla vita sociale dell’uomo e quindi è giusto
essere il più possibile al corrente della situazione di tutti i vulcani
della Terra. Attualmente dei circa
440 vulcani attivi presenti sul nostro pianeta, ben 384 sono monitorati solo superficialmente e tra questi ve ne sono
ben 65 molto pericolosi per
milioni di persone. Per questo motivo almeno un rilevamento costante
dal cielo, come ha fatto negli ultimi anni il satellite dell’Esa Envisat
(purtroppo in questi giorni un guasto l’ha messo fuori servizio), può
essere di grande aiuto per verificare se un vulcano può essere vicino ad
una prossima eruzione. Envisat e satelliti simili utilizzano la
tecnica chiamata Interferometric Synthetic Aperture Radar che
dà modo attraverso l’invio di onde radar al suolo di verficare se vi
sono variazioni della superficie della Terra tra due o più passaggi del
satellite. Piccoli cambiamenti della morfologia del suolo infatti fanno
variare i tempi di risposta delle onde radar che possono essere
evidenziate su una carta con diversi colori. Queste carte vengono
chiamate “Interferogrammi SAR”.

La causa delle variazioni morfologiche di un’area vulcanica è legata ai
movimenti del magma sotto
la superficie terrestre che può gonfiare il suolo sovrastante se questi
si avvicina alla superficie o sgonfiarlo se il magma va in profondità o
se una camera magmatica si svuota per motivi diversi.
Molti vulcani attivi si
trovano in aree molto difficili da raggiungere e lo screenning dal
cielo può essere di notevole aiuto almeno in una fase iniziale di
controllo. Nel caso poi si osservino degli indizi di un possibile
avvicinamento del magma alla superficie si può intervenire con strumenti
da posizionare sul suolo e ottenere informazioni più precise.
Utilizzando la tecnica satellitare la ricerca ha messo in luce che
alcuni vulcani ritenuti ormai morti in realtà mostrano segni di un possibile ritorno all’attività. Un esempio è il
vulcano Longonot
che si trova in Kenya. Il satellite Envisat ha mostrato che durante
l’arco di tempo tra il 2004 e il 2006 i fianchi del vulcano si sono
alzati di ben 9 cm.

Qui a fianco invece vediamo il “
respiro dell’Etna”,
ossia il movimento ripetuto di rigonfiamento e sgonfiamento dei fianchi
del vulcano come conseguenza della risalita del magma e della sua
fuoriuscita tra il 1992 e il 2001. Spiega Juliet Biggs dell’Esa,
esperta di interferometria satellitare: “Da quando ho iniziato questo
tipo di ricerca, una decina di anni fa, le potenzialità di riuscire a
tenere sotto controllo molti vulcani della Terra con i satelliti si sono
espanse notevolmente e quindi è una strada che deve essere
assolutamente incoraggiata”.
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