In più, molti “trasferiti” si sono sentiti trattati a pesci in faccia, puniti senza colpa. Fare di tutta l’erba un fascio non è un a buona cosa ed il trasferimento, in considerazione della cattiva immagine che ha la formazione in Sicilia, è stata vissuta da chi ha fatto il suo dovere come una ingiustizia.
I provvedimenti, infine, hanno richiesto la rinuncia alle professionalità acquisite ed alle esperienze accumulate. Un know how prezioso. E’ stato pagato un costo, dunque, impossibile nasconderlo.
Quali alternative aveva, tuttavia, il governo per cambiare le cose radicalmente se non quella di adottare un provvedimento urbi et orbi? Nessuno, perché sarebbe stato impossibile “colpire” i singoli senza una istruttoria che ne avesse accertato carenze professionali, una inidoneità allo svolgimento delle funzioni affidate o, addirittura, responsabilità amministrative.
Se sono comprensibili il rammarico di parte del personale e di alcuni dirigenti, e la protesta del sindacato, “scavalcato” dal governo, sono comprensibili in egual modo le ragioni dell’amministrazione che aveva bisogno di aprire balconi e finestre e fare entrare aria fresca senza condurre alcuno sul banco degli imputati.
Il mondo della formazione è troppo chiacchierato per una serie molteplice dei motivi, prima di tutto per la modestia dei risultati raggiunti e l’alto costo degli investimenti, ma anche per la clientelizzazione del settore, divenuto una dependance degli apparati politici. Anche su questi punti, tuttavia, si dovrebbe evitare di sparare nel mucchio. Non tutto è da buttar via.
Al governo ora spetta il compito più severo, salvare e valorizzare le eccellenze e le buone pratiche. Il giudizio, alla fine, verrà dai risultati, non da altro quando l’onda emotiva del rigore si sarà adagiata sul bagnasciuga. In passato è capitato che, alla fine prevalesse il “levati tu che mi ci metto io”. Sospettarlo, oggi, sarebbe solo un espediente per mettersi di traverso per lasciare le cose come stanno.
Chi decide provvedimenti drastici se ne assume piena la responsabilità. L’audacia merita fiducia. Fino a prova contraria.
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