Il gruppo parlamentare del Megafono (primo firmatario Nino Oddo), ha presentato oggi all’Ars un disegno di legge per l’introduzione del reddito minino garantito. Un tema che, va ricordato, è stato al centro della campagna elettorale dei 5 stelle, sia nazionalmente che in Sicilia. E, per questo, i deputati del Megafono parlano già di “convergenza” con i grillini.
La legge, se approvata dall’Aula, porterà in Sicilia una doppia innovazione: l’introduzione del reddito di sussistenza o di solidarietà per chi, singolo o nucleo familiare, non percepisce uno stipendio è una novità già di per sé, ma ciò che, nel bene e nel male, farà discutere, è l’allargamento del diritto ad usufruire del sostegno finanziario anche alle coppie di fatto, etero e omosessuali. Sono destinatari della legge, infatti, tutti i nuclei di persone conviventi “che si trovino in condizioni di difficoltà ed esposte al rischio della marginalità sociale e i soggetti in cerca di occupazione privi – quindi – di reddito” o con un reddito che non sia superiore “alla cifra indicata come soglia di povertà”. Questa cifra sarà stabilita annualmente con decreto del presidente della Regione. I destinatari, inoltre, dovranno essere “privi di patrimonio immobiliare (fatta eccezione per la prima casa), depositi bancari e titoli di Stato”.
Per fare tutto ciò, naturalmente, sarà prima necessario istituire un registro regionale dei nuclei di convivenza. Non è ancora chiaro, infatti, quale potrebbe essere la mole di richieste considerate “valide”, ne’ la stima dei fondi necessari.
Finora sono stati fatti soltanto alcuni studi, ma non ci sono ancora parametri certi. Sulla base di alcune statistiche Istat, comunque, si parla di circa 10 miliardi di euro su scala nazionale, per un reddito di circa 500 euro al mese, mentre dai parlamentari dell’Ars è stato stimato che per il primo anno dall’eventuale entrata in vigore della legge, in Sicilia potrebbero essere stanziati circa 50 milioni, che verrebbero presi dal fondo delle politiche sociali. La somma, poi, subirebbe continue variazioni, in base all’aumento o alla diminuzione del numero delle famiglie che avrebbero diritto al sostegno economico.
Può sembrare strano, infatti, ma il numero delle richieste, a qualche anno dall’introduzione della legge, potrebbe diminuire, o almeno è anche questo lo scopo che con questa legge si vuole raggiungere. E’ previsto, infatti, che i Comuni si debbano impegnare a creare forme di impiego per tutti quelli che recepiranno il reddito minimo, individuando programmi di formazione e lavoro per tutti quelli che, però, hanno già completato l’obbligo scolastico. Tipi di impiego come gli interventi per la protezione e valorizzazione dei territori e dell’ambiente, o nell’ambito della tutela della salute nei luoghi di lavoro, il recupero e la riabilitazione di ammalati, disabili, ex tossicodipendenti o ex carcerati e di supporto alle attività delle istituzioni scolastiche. Tutte queste attività lavorative, comunque, non avranno la caratteristica di contratti a tempi indeterminato, e, poiché non potranno avere durata maggiore di sei mesi, sarebbero più che altro una forma di inserimento nel mondo del lavoro.
Con l’appoggio del Movimento 5 Stelle, insomma, la legge non dovrebbe trovare ostacoli in Aula. Ma i grillini sono ancora molto cauti: “Non abbiamo ancora studiato il ddl nel dettaglio – ha commentato il capogruppo dei pentastellati Giancarlo Cancelleri – ma ci siamo espressi positivamente sull’intento”. “Certo – ha continuato Cancelleri – resta da capire come mai non si sia rimodulato il nostro disegno di legge (un testo per l’introduzione del ‘reddito di dignità’ era stato presentato dal M5S in sessione di bilancio ndr) e si sia preferito, invece, mettere la firma su un testo che per moltissime cose è simile al nostro”.
Ma per i 5 Stelle l’importante “non è una firma, ma che la legge passi”. Inizia, quindi, il percorso comune.
Per fare tutto ciò, naturalmente, sarà prima necessario istituire un registro regionale dei nuclei di convivenza. Non è ancora chiaro, infatti, quale potrebbe essere la mole di richieste considerate “valide”, ne’ la stima dei fondi necessari.
Finora sono stati fatti soltanto alcuni studi, ma non ci sono ancora parametri certi. Sulla base di alcune statistiche Istat, comunque, si parla di circa 10 miliardi di euro su scala nazionale, per un reddito di circa 500 euro al mese, mentre dai parlamentari dell’Ars è stato stimato che per il primo anno dall’eventuale entrata in vigore della legge, in Sicilia potrebbero essere stanziati circa 50 milioni, che verrebbero presi dal fondo delle politiche sociali. La somma, poi, subirebbe continue variazioni, in base all’aumento o alla diminuzione del numero delle famiglie che avrebbero diritto al sostegno economico.
Può sembrare strano, infatti, ma il numero delle richieste, a qualche anno dall’introduzione della legge, potrebbe diminuire, o almeno è anche questo lo scopo che con questa legge si vuole raggiungere. E’ previsto, infatti, che i Comuni si debbano impegnare a creare forme di impiego per tutti quelli che recepiranno il reddito minimo, individuando programmi di formazione e lavoro per tutti quelli che, però, hanno già completato l’obbligo scolastico. Tipi di impiego come gli interventi per la protezione e valorizzazione dei territori e dell’ambiente, o nell’ambito della tutela della salute nei luoghi di lavoro, il recupero e la riabilitazione di ammalati, disabili, ex tossicodipendenti o ex carcerati e di supporto alle attività delle istituzioni scolastiche. Tutte queste attività lavorative, comunque, non avranno la caratteristica di contratti a tempi indeterminato, e, poiché non potranno avere durata maggiore di sei mesi, sarebbero più che altro una forma di inserimento nel mondo del lavoro.
Con l’appoggio del Movimento 5 Stelle, insomma, la legge non dovrebbe trovare ostacoli in Aula. Ma i grillini sono ancora molto cauti: “Non abbiamo ancora studiato il ddl nel dettaglio – ha commentato il capogruppo dei pentastellati Giancarlo Cancelleri – ma ci siamo espressi positivamente sull’intento”. “Certo – ha continuato Cancelleri – resta da capire come mai non si sia rimodulato il nostro disegno di legge (un testo per l’introduzione del ‘reddito di dignità’ era stato presentato dal M5S in sessione di bilancio ndr) e si sia preferito, invece, mettere la firma su un testo che per moltissime cose è simile al nostro”.
Ma per i 5 Stelle l’importante “non è una firma, ma che la legge passi”. Inizia, quindi, il percorso comune.
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