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lunedì 4 marzo 2013

DOPO L’ENFASI, L’ABIURA: IL MODELLO SICILIANO DIETRO LA LAVAGNA

Dopo l’enfasi l’abiura: il modello siciliano, evocato come una strada da imboccare a Roma dopo che a Palermo, subisce assalti e viene sbeffeggiato, rinnegato, bene che vada ridotto ad un grosso equivoco su cui qualcuno è saltato per portare acqua al proprio mulino.
Lo sfottono a Roma, lo insolentiscono i giornali del centrodestra, lo hanno dileggiato e trasformato in una macchietta coloro che vedono i grillini come fumo negli occhi ed aprono alle larghe intese, sopportando il rientro in partita del Cavaliere. Era prevedibile che il modello siciliano, una volta accesi i riflettori, non reggesse, perché potrebbe influenzare una scelta politica nazionale. Volete che Beppe Grillo si faccia dettare la linea da Giancarlo Cancellieri, il coordinatore dei deputati regionali grillini dell’Assemblea regionale siciliana?
Una cosa è regalare benemerenze e meriti agli attivisti siciliani che avevano contribuito al successo strepitoso nell’Isola, raddoppiando i voti delle regionali di ottobre dopo appena quattro mesi – ed un’altra farne un feticcio, una strada da imboccare anche a Roma mettendo in forse una strategia del ragno pensata con il guru Casaleggio ed altri pezzi da novanta che lavorano sotto traccia.
Una prova esemplare di questa parabola in discesa ce l’offre l’editoriale del Corriere della Sera, firmato dal direttore, Ferruccio De Bortoli, che nella sua analisi sul futuro incerto del Paese, si sofferma proprio sull’alleanza presunta dei grillini con il governo di centrosinistra. “Il Modello siciliano (sic!) che ha asociato il Movimento 5 Stelle all’incerta Presidenaza Crocetta ha avuto per ora un solo risultato”, scrive De Bortoli, “l’opposizione al radar americano di Niscemi, gettando alle ortiche accordi internazionali”.
Il direttore del Corriere non ha tutte le informazioni. Se è vero che c’è stata un eccesso di enfasi sulla presunta alleanza, è altrettanto vero che il feeling, che ora viene misconosciuto anche dai grillini per ragioni di forza maggiore, c’è stato eccome. Nessuno ricorda, tanto per fare un esempio, il voto favorevole dei deputati regionali del Movimento 5 Stelle, in Aula al Documento di programmazione economica e finanziaria. Ebbene, non c’è atto politico più impegnativo del bilancio in un’assemblea legislativa. Il voto favorevole o sfavorevole sui documenti finanziari, e il Dpef è propedeutico al bilancio, è la misura dell’alleanza parlamentare, la sua stella polare, il momento di convergenza maggiore. Il Dpef, infatti, traccia le linee di intervento del governo, denuncia le sue volontà, annuncia decisioni di lungo periodo.
E’ indubbio che i deputati del M5S abbiano deciso di votarlo per fare uscire da una grave empasse sia il governo che l’Assemblea senza assegnare al voto il significato che esso ha, ma è impossibile ignorare questo passaggio decisivo del cosiddetto modello siciliano.
Il capogruppo grillino non l’ha certo dimenticato, ma non ne ha fatto un patto di sangue, il gesto esemplare dell’alleanza politica. Sul rinnovo delle amministrazioni provinciali, i grillini, sono stati estremamente severi con il governo, sposando la causa dell’abolizione senza se e senza ma, in linea di collisione con Crocetta, che sugli enti intermedi ha una posizione più soft ancora non definita.
Il voto al Dpef, comunque, è arrivato dopo una serie di episodi che hanno visto il governatore e il suo cerchio magico, dialogare costantemente con il gruppo del M5S, a cominciare dall’elezione del Vice Presidente vicario dell’Ars, Venturino, a danno di una candidata del Pd.
Crocetta ha scelto il dialogo con il M5S piuttosto che un accordo, sottobanco ma non troppo, con il centrodestra.
Rinnegare tutto questo può essere utile ala vigilia della bagarre romana sul nuovo governo, ma trascura i fatti e non rende giustizia alle scelte fin qui compiute. Serve solo ad aumentare la confusione. Non solo a Palermo.

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