Il Movimento Cinque Stelle critica la legge di stabilità siciliana, che ieri a Sala d’Ercole ha compiuto i suoi primi passi, in vista dell’approvazione definitiva, che dovrà arrivare entro metà gennaio. Pena il ricorso all’esercizio provvisorio. Secondo i grillini la manovra, difesa in Aula dallo stesso presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, ”rischia di penalizzare ancora le categorie più deboli”.
”Si doveva fare molto di più in sede di conferenza Stato-Regioni – dicono i parlamentari pentastellati – e, invece, per compensare l’enorme taglio di trasferimenti dal governo centrale, si cerca di trasformare i Comuni in voraci succursali di Serit ed Equitalia, che finiranno per rendere ancora più difficile la vita a chi in questo momento è sull’orlo del baratro, schiacciato dalla crisi”. Tocca al grillino Sergio Tancredi fare un esempio. ”Se si pensa – dice – che l’aver innalzato dal 33 al 100 per cento la quota di accertamenti tributari che resta ai Comuni possa compensare i trasferimenti insufficienti dallo Stato, credo di poter affermare, senza ombra di dubbio, che probabilmente vivremo un 2014 di fuoco”. Così per il parlamentare a Cinque Stelle il rischio dietro l’angolo è ”una serie di default a livello di Enti locali”.
Allora per Tancredi occorre smetterla con ”gli accordi segreti nelle stanze romane tra Crocetta e Letta, che hanno portato, ad esempio, alla svendita dell’articolo 38 dello Statuto, decretando la morte dell’autonomia impositiva dell’Isola”. Molto critico il gruppo anche sulla scelta di bocciare il microcredito, fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle, il cui fondo è stato azzerato. ”Una scelta incomprensibile – afferma Tancredi – sotto il profilo della logica, molto più comprensibile nell’ottica della lotta politica. Ogni milione messo in un fondo di rotazione può mobilitarne almeno 20. Pertanto, se la nostra proposta fosse stata accolta, sommando ai 2 milioni della Regione, il milione che noi abbiamo accantonato, avremmo potuto mobilitare 60 milioni per le piccole imprese, cosa che ci avrebbe consentito di prestare a tassi agevolati 20.000 euro a tremila imprese. E invece – conclude – si preferisce stanziare fondi per imprecisate start up digitali che probabilmente per qualcuno avranno pure un nome ed un cognome ben determinato”.
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