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venerdì 10 agosto 2012

Videosorveglianza e privacy (di Lino Natoli)

(Lino Natoli) La notizia della prossima installazione di telecamere a custodia del centro storico ha scatenato un putiferio. I contrari hanno invocato con toni persino accorati la tutela della privacy. Appello molto divertente in un posto come il nostro dove la privacy non esiste, dove i fatti privati diventano immediatamente di dominio pubblico, talvolta anche prima che accadano. Il conoscere tutto di tutti, anche gli aspetti più intimi, è una delle conseguenze che bisogna accettare se si sceglie di vivere su una piccola isola: il pettegolezzo non è un vizio, è una necessità. Non esiste possibilità alcuna di nascondere vicende sentimentali, scivoloni economici o liti familiari, preferenze alimentari o abitudini domestiche. Ciascuno diventa argomento per l'altro, così ogni pudore cade e tutto diventa novità. L'aspetto positivo sta nel fatto che inevitabilmente anche il dolore, la malattia, il lutto diventano pubblici, ed in questo modo, grazie alla partecipazione di amici, parenti e curiosi, trovano una liberatoria elaborazione.

Se dunque la privacy già non esiste, perché tanta preoccupazione per l'occhio indagatore delle telecamere? Il sospetto è che più che di perdere l'intimità si tema di perdere l'impunità. In fondo il pettegolezzo può anche far piacere, soprattutto quando sottolinea talune audaci disinvolture. Con le telecamere certe coraggiose imprese, come attraversare in auto l'isola pedonale, potrebbero persino costare caro. La telecamera non ha un occhio di riguardo, non comprende le nostre debolezze, non perdona le nostre manchevolezze. A differenza del vigile, non si commuove di fronte all'invalido che accompagna la moglie a fare la spesa, non indulge con lo scooterista che va a prendere il caffè parcheggiando tra i tavolini del bar. Abituati al reciproco perdono, all'assoluzione di tutti i peccati, all'ammiccamento che tollera l'infrazione, la telecamera è vista come una sorta di giudizio universale inaccettabile. Indispone come la vecchia zia che sta nascosta dietro le persiane a spiare e sparlare di tutti quelli che passano.

Inoltre la telecamera non teme vendette. Il pettegolezzo, si sa, è un'arma a doppio taglio: offende e ferisce contemporaneamente vittima e carnefice. Per chi è oggetto di pettegolezzo non c'è altra risorsa che reagire spettegolando. Con la telecamera questo non può funzionare, a meno che non si cominci a sospettare anche di chi ne controlla il funzionamento.

Al contrario di quanti esprimono perplessità, credo che la videosorveglianza rappresenti l'ultimo tentativo di difendere la privacy del pedone, di chi preferisce passeggiare nel centro storico senza il timore di essere investito o la noia di doversi spostare continuamente per far passare auto e motorini. Credo pure che chi ha effettive difficoltà fisiche trovi più civile la presenza di una telecamera piuttosto che l'umiliante confronto con archetti dissuasori, fioriere non curate e transenne trascinate continuamente da una parte all'altra della strada.

Rimane un solo problema, quello estetico. Non tutti hanno la fortuna di essere fotogenici, talvolta l'immagine non rende giustizia della realtà. In questi casi bisogna aver cura di offrire alla telecamera il profilo migliore di sé. Senza esagerare però, atteggiarsi troppo può procurare guai, soprattutto in famiglia. Del resto è noto, il paese è piccolo e la gente mormora.

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