Il Presidente dell’Assemblea, Giovanni Ardizzone, dovrà affrontare il problema dei costi della politica, il più spinoso e difficile della legislatura. I suoi predecessori, qualunque fosse il colore politico, hanno mostrato disponibilità a parole e contrarietà nei fatti. Francesco Cascio, che ha preceduto Ardizzone, ha predicato risparmi e non è riuscito ad ottenerne nel bilancio interno dell’Ars, ancorato a 170 milioni di euro l’anno. Le chiacchiere, insomma, non fanno risparmi.
Sarebbe riduttivo attribuire ai presidenti dell’Assemblea una esclusiva responsabilità politica nella permanenza di privilegi ed emolumenti che fanno a pugni con l’andamento dell’economia, le risorse pubbliche, le sperequazioni sociali, lo stato d’indigenza di larghe fasce di popolazione. L’intero Parlamento regionale ha fatto da scudo, come un sol uomo, ad ogni tentativo di modifica della spesa. Lo prova il fatto che il bilancio interno dell’Assemblea è stato approvato in pochi minuti da quattro gatti che avevano il solo compito di permettere il frettoloso disprigo di una pratica.
Il Governo Lombardo, attraverso l’assessore all’Economia, Gaetano Armao, ha proposto nell’ultimo disegno di legge di bilancio per il 2013 la riduzione di 30 milioni di euro ai trasferimenti all’Ars. Picche, naturalmente. Era accaduta la stessa cosa in due finanziarie consecutive. Le norme proposte sono state considerate dal Presidente dell’Assemblea, Cascio, irricevibili, perché ledono le prerogative del parlamento regionale e con norme ritenute irricevibili dall’Ars. Una questione di principio, dunque, che avrebbe dovuto contenere, una reale volontà di decidere autonomamente ove l’abbattimento dei costi fosse stato ritenuto necessario ed urgente. Invece non è andata così. Ancora una volta prerogative, funzioni e competenze legittime, sono state usate per proteggere emolumenti, risorse e costi non più sopportabili. E’ una delle ragioni per la quale la specialità autonomista non è più nel cuore dei siciliani.
Spetterà al presidente della Regione, Rosario Crocetta, proporre il taglio alle spese dell’Assemblea nel ddl del bilancio e finanziaria. Le volontà finora manifestate fanno ritenere che la riduzione dei costi della politica e della pubblica amministrazione sia diventata la priorità del governo regionale.
Alla Camera, con l’astensione del Pdl, ha ottenuto il via libera il decreto sui costi della politica locale. I tagli sono robusti, pur essendo stati “limati”, soprattutto a favore delle Regioni. La Corte dei Conti non potrà intervenire preventivamente sulle spese, così come era stato proposto dal testo del governo nazionale, ma potrà fermare i progtammi di spesa.
Sono salvi i tagli sul numero dei consiglieri e assessori regionali, ma restano in piedi stipendi ed emolumenti, ma entro certi limiti, perché le Regioni ed enti locali dovranno rapportarsi a parametri virtuosi di riferimento.
Il numero dei consiglieri verrà calcolato in base al numero degli abitanti entro sei mesi, stando alle norme contenute nel decreto anti-crisi dell’estate 2011. L’Assemblea regionale siciliana ha deliberato il taglio dei deputati (da 90 a 70), ma il parametro con il numero degli abitanti, assai probabilmente, obbligherà una riduzione ulteriore, forse a 50 unità.
Gli stipendi terranno conto del parametro istituito dalla Regione più virtuosa con un tetto massimo, che permetterà ai presidenti di ottenere 13.800 euro lordi al mese e ai consiglieri 11.100 mensili.L’ancoraggio alle Regioni virtuose, tuttavia, lascia qualche spazio all’uso della manica larga, ma non ci si potrà allontanare più di tanto e, soprattutto, le furbizie potrebbero essere punite con un taglio delle risorse.-
L’Emilia Romagna è stata scelta come benchmark virtuoso, perché i suoi consiglieri regionali guadagnano un’indennità di funzione di circa 3.000 euro netti mensili, cui vanno aggiunti altri 2.300 euro mensili di rimborso spese sostenute per le attività connesse all’espletamento del mandato, in tutto 5.300 euro mensili. Si prevede che questi tagli consentano un risparmio di sessanta milioni di euro l’anno. Un ritocco dovrebbe subirlo anche l’assegno di fine mandato, la “buonuscita”. Non è stato ancora deciso in quale misura sarà ridotto. Stando all’agenda parlamentare il “ritocco” avrebbe dovuto essere deciso entro il 10 dicembre. Sono eliminati i vitalizi. Si tratta di cancellazione e non abolizione: un emendamento “ad personas” avrebbe impedito la norma “ad personam”, anti Fiorito, capogruppo consiliare Pdl finito in carcere per avere utilizzato “in proprio” i contributi ricevuti dal gruppo.
Ci sono anche norme che riguardano la trasparenza: i gruppi consiliari, i consiglieri e gli assessori,dovranno pubblicare sul sito della Regione stipendi, emolumenti, contributi ed ogni altro benefit ottenuti. Verranno meno i rimborsi elettorali in caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale (e dell’Assemblea).
Le Regioni che non recepiranno i tagli verranno sanzionate con la perdita di una quota pari all’80 per cento dei trasferimenti statali, con la sola eccezione delle risorse sanitarie e del trasporto pubblico locale.
Un carico da novanta per i nuovi amministratori di Palazzo dei Normanni. L’incognita crisi e lo scioglimento delle Camere potrebbero mandare all’aria baracca e burattini. Per la felicità di chi questi sacrifici non è preparato a subirli.
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