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sabato 6 ottobre 2012

Il colore del gatto (di Pietro Lo Cascio)

Il colore del gatto e l’identità eoliana.
A quanto pare, una celebre citazione di Mao Tse-tung sarebbe una delle frasi preferite dell’ing. Lopes, tanto da ritenerla – come scrive testualmente – “una mia vecchia frase”: si tratta di quella relativa al colore del gatto e all’abilità nel prendere i topi. Me ne compiaccio, sinceramente. E qualcosa di maoista, o di eolian-maoista, traspare anche nell’esortazione a riunirci attorno a un candidato indipendentemente dalla “casacca” che indossa, una versione nostrana del “Grande balzo in avanti”: lasciamo le nostre “casacche”, superiamo ogni diffidenza e diamo forza al nostro rappresentante, senza stare a fare tanto i difficili. Che importa se questi si accoda a un “progetto politico” – nobilitiamolo con questo termine – del quale gli abitanti delle isole minori hanno pagato il prezzo più caro, ad altri rappresentanti che sono stati la quintessenza del governo che più di ogni altro ha mortificato i nostri diritti civili: perché lasciare una popolazione isolana con un ospedale che funziona praticamente da elipista, o assistere al massacro dei trasporti marittimi pubblici senza muovere un dito ma – contemporaneamente – finanziare lautamente quelli privati, vuol dire privarci con scientifica lucidità della nostra dignità di cittadini. Cosa c’è di meglio, dunque, che dargli manforte, contribuendo a reiterarlo per altri cinque anni?
 Vorrei aggiungere che non è un caso che ci si trovi a votare anticipatamente rispetto alla scadenza della legislatura. Il presidente Lombardo, sebbene continui a spiattellare nomine come se fosse nel pieno delle sue funzioni, è coinvolto in un’inchiesta di mafia, nel solco della gloriosa tradizione delle nostre presidenze regionali. Il suo assessore fresco di dimissioni, Venturi, ha dichiarato che procura “favori” a Cosa Nostra con “azioni spregiudicate”. Vero animatore del “Partito dei siciliani”, la nuova veste dell’MPA, ha almeno il pudore di non ripresentarsi in prima persona, ma i suoi uomini sono tutti lì, c’è perfino il figliolo. Se Miccichè non dovesse farcela – cosa assai probabile e, ritengo, anche auspicabile – sono tutti pronti a fare l’inciucio post-elettorale con Crocetta, o con Musumeci: con il primo, è cosa facile, dato che attualmente sono insieme al governo; con il secondo, c’è tanta storia comune, anche se con qualche ruggine, ma tutto si può risolvere in nome della poltrona.
 Ecco, ingegnere Lopes, vorrei chiederle se si rende conto di tali implicazioni quando ci invita a non “fare caso alla casacca”; ma soprattutto se è davvero convinto che sia questo il percorso più efficace, più adatto, per rispettare e valorizzare l’identità eoliana. Un’elezione, quando ci si arriva dalla porta principale – ovvero da un ruolo di amministratore – non è l’occasione per azzerare tutto e fare finta che non sia successo nulla; dovrebbe essere la prova alla quale sottoporre i propri risultati, e sarebbe bello che questi nostri rappresentanti regionali, incapaci di cogliere il disagio delle comunità insulari che hanno trattato come fanalini di coda della civiltà, raccogliessero – almeno nel nostro territorio – la dimostrazione della loro inadeguatezza, un segnale forte di dissenso. Il migliore segnale, in questo senso, sarebbe la sconfitta elettorale delle loro liste.
Lo dico perché sono convinto che esistano due diverse concezioni del “fare politica”. Una lo intende come uno scacchiere nel quale ci si vorrebbe muovere da pedine autonome, in grado di spostarsi a seconda dei fatti contingenti, o delle convenienze del momento; spesso tale autonomia, però, genera il declino della politica stessa, l’insorgere di figure “indipendenti” – come quella dell’onorevole Scilipoti – sulle quali ogni commento è superfluo, i pasticci e gli inciuci che oggi affliggono la situazione nazionale e regionale. Al contrario, il ruolo politico di un singolo può essere inteso come contributo a un progetto che va oltre il proprio cono d’ombra, il proprio orticello, a un lavoro collettivo attorno a un’idea comune, al raggiungimento di obiettivi condivisi.
Esiste un progetto alternativo a quello del malgoverno e del malaffare che hanno caratterizzato questi ultimi anni. È quello che sostiene una reale riforma della sanità regionale, dove sia finalmente data considerazione alle necessità di comunità isolate, come la nostra, perché la sanità è innanzitutto umanità. Quello che ritiene le isole minori luogo dove investire in recupero della qualità ambientale, in cultura, in risorse che si trasformino in inderogabili opportunità di lavoro. Quello che ritiene prioritario il rispetto concreto della continuità territoriale e le esigenze di comunità disagiate, come quelle delle isole periferiche e più lontane. E, più in generale, è l’unico che parla di reddito minimo garantito, di diritti dei lavoratori, di piani di risparmio che non siano sempre e solo a spese dei ceti deboli. Questo progetto ha un suo candidato anche qui, nelle piccole e maltrattate Isole Eolie: si chiama Tilde Pajno, una donna da sempre attiva nel settore sociale, che conosce a fondo il disagio e i problemi delle nostre comunità, ma anche le tematiche del turismo, le realtà culturali delle nostre isole, molte delle quali l’hanno vista come protagonista, anche se spesso dietro le quinte. È a lei che stiamo guardando, con speranza, con fiducia e convinzione, perché sarà davvero una ottima rappresentante della nostra identità eoliana, della parte migliore e a lungo trascurata delle nostre isole. È il nostro gatto, in un mondo possibilmente senza più topi.
Pietro Lo Cascio 

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