A quanto pare, una celebre citazione
di Mao Tse-tung sarebbe una delle frasi preferite dell’ing. Lopes, tanto da
ritenerla – come scrive testualmente – “una mia vecchia frase”: si tratta di
quella relativa al colore del gatto e all’abilità nel prendere i topi. Me ne
compiaccio, sinceramente. E qualcosa di maoista, o di eolian-maoista, traspare
anche nell’esortazione a riunirci attorno a un candidato indipendentemente
dalla “casacca” che indossa, una versione nostrana del “Grande balzo in
avanti”: lasciamo le nostre “casacche”, superiamo ogni diffidenza e diamo forza
al nostro rappresentante, senza stare a fare tanto i difficili. Che importa se
questi si accoda a un “progetto politico” – nobilitiamolo con questo termine –
del quale gli abitanti delle isole minori hanno pagato il prezzo più caro, ad
altri rappresentanti che sono stati la quintessenza del governo che più di ogni
altro ha mortificato i nostri diritti civili: perché lasciare una popolazione
isolana con un ospedale che funziona praticamente da elipista, o assistere al
massacro dei trasporti marittimi pubblici senza muovere un dito ma –
contemporaneamente – finanziare lautamente quelli privati, vuol dire privarci
con scientifica lucidità della nostra dignità di cittadini. Cosa c’è di meglio,
dunque, che dargli manforte, contribuendo a reiterarlo per altri cinque anni?
Vorrei aggiungere che non è un caso
che ci si trovi a votare anticipatamente rispetto alla scadenza della
legislatura. Il presidente Lombardo, sebbene continui a spiattellare nomine
come se fosse nel pieno delle sue funzioni, è coinvolto in un’inchiesta di
mafia, nel solco della gloriosa tradizione delle nostre presidenze regionali.
Il suo assessore fresco di dimissioni, Venturi, ha dichiarato che procura
“favori” a Cosa Nostra con “azioni spregiudicate”. Vero animatore del “Partito
dei siciliani”, la nuova veste dell’MPA, ha almeno il pudore di non
ripresentarsi in prima persona, ma i suoi uomini sono tutti lì, c’è perfino il
figliolo. Se Miccichè non dovesse farcela – cosa assai probabile e, ritengo,
anche auspicabile – sono tutti pronti a fare l’inciucio post-elettorale con
Crocetta, o con Musumeci: con il primo, è cosa facile, dato che attualmente
sono insieme al governo; con il secondo, c’è tanta storia comune, anche se con
qualche ruggine, ma tutto si può risolvere in nome della poltrona.
Ecco, ingegnere Lopes, vorrei
chiederle se si rende conto di tali implicazioni quando ci invita a non “fare
caso alla casacca”; ma soprattutto se è davvero convinto che sia questo il
percorso più efficace, più adatto, per rispettare e valorizzare l’identità eoliana.
Un’elezione, quando ci si arriva dalla porta principale – ovvero da un ruolo di
amministratore – non è l’occasione per azzerare tutto e fare finta che non sia
successo nulla; dovrebbe essere la prova alla quale sottoporre i propri
risultati, e sarebbe bello che questi nostri rappresentanti regionali, incapaci
di cogliere il disagio delle comunità insulari che hanno trattato come fanalini
di coda della civiltà, raccogliessero – almeno nel nostro territorio – la
dimostrazione della loro inadeguatezza, un segnale forte di dissenso. Il
migliore segnale, in questo senso, sarebbe la sconfitta elettorale delle loro
liste.
Lo dico perché sono convinto che
esistano due diverse concezioni del “fare politica”. Una lo intende come uno
scacchiere nel quale ci si vorrebbe muovere da pedine autonome, in grado di
spostarsi a seconda dei fatti contingenti, o delle convenienze del momento;
spesso tale autonomia, però, genera il declino della politica stessa,
l’insorgere di figure “indipendenti” – come quella dell’onorevole Scilipoti –
sulle quali ogni commento è superfluo, i pasticci e gli inciuci che oggi
affliggono la situazione nazionale e regionale. Al contrario, il ruolo politico
di un singolo può essere inteso come contributo a un progetto che va oltre il
proprio cono d’ombra, il proprio orticello, a un lavoro collettivo attorno a
un’idea comune, al raggiungimento di obiettivi condivisi.
Esiste un progetto alternativo a
quello del malgoverno e del malaffare che hanno caratterizzato questi ultimi
anni. È quello che sostiene una reale riforma della sanità regionale, dove sia finalmente
data considerazione alle necessità di comunità isolate, come la nostra, perché
la sanità è innanzitutto umanità. Quello che ritiene le isole minori luogo dove
investire in recupero della qualità ambientale, in cultura, in risorse che si
trasformino in inderogabili opportunità di lavoro. Quello che ritiene
prioritario il rispetto concreto della continuità territoriale e le esigenze di
comunità disagiate, come quelle delle isole periferiche e più lontane. E, più
in generale, è l’unico che parla di reddito minimo garantito, di diritti dei
lavoratori, di piani di risparmio che non siano sempre e solo a spese dei ceti
deboli. Questo progetto ha un suo candidato anche qui, nelle piccole e
maltrattate Isole Eolie: si chiama Tilde Pajno, una donna da sempre attiva nel
settore sociale, che conosce a fondo il disagio e i problemi delle nostre
comunità, ma anche le tematiche del turismo, le realtà culturali delle nostre
isole, molte delle quali l’hanno vista come protagonista, anche se spesso
dietro le quinte. È a lei che stiamo guardando, con speranza, con fiducia e
convinzione, perché sarà davvero una ottima rappresentante della nostra
identità eoliana, della parte migliore e a lungo trascurata delle nostre isole.
È il nostro gatto, in un mondo possibilmente senza più topi.
Pietro Lo Cascio
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