Gentile Dott.ssa Gullotta
“La mia libertà finisce dove inizia
la libertà di chi mi sta accanto”.
Da sempre ho improntato la mia vita
sull’osservanza di questa massima, o almeno ci ho provato e
continuerò a provarci.
Quindi la base del vivere civile è il
rispetto reciproco: rispetto personale, comportamentale, delle idee
di ciascuno di noi.
In mancanza di ciò ognuno si assume le
proprie responsabilità.
La decisione unilaterale
dell’Amministrazione di istituire i cosiddetti cani di quartiere,
lede la libertà di coloro i quali, per svariati motivi, non
sopportano la convivenza con questi animali (cinofobia, allergie,
tutela personale e così via). Non a caso è sancito chiaramente (a
livello nazionale e Lipari fa parte dello Stato Italiano) che il cane
di quartiere è tale se richiesto espressamente da un certo numero
di persone, previa osservanza di precipue procedure e assunzione di
conseguenti responsabilità.
Non mi risulta che ci sia stata alcuna
petizione a riguardo per cui mi sembra trattarsi di mera imposizione
finalizzata allo scaricarsi di ogni responsabilità.
Tutto ciò a prescindere dal soggettivo
amore per i cani, sicuramente le vere vittime della “bestialità
umana”. Per ciò che riguarda la mia libera scelta di vivere su
un’isola, immerso nei profumi, nei colori, nella tranquillità di
una natura ancora sufficientemente incontaminata, ovviamente non
prevedevo, e non prevedo, la forzata convivenza con un bestiario
rumoroso.
Sono bombardato quotidianamente, dalle
primissime luci dell’alba (le 3, le 4 del mattino per intenderci)
fino al tramonto, cioè 16-18 ore al giorno, con una frequenza media
di 10-20 secondi, da un lacerante suono non di uno ma di sei o sette
galli, in estenuante gara di potenza canora; il chiocciare assordante
di forse una quarantina di pennuti, lasciati sempre liberi di
scorazzare, maleodoranti, per tutto il giardino, fin sotto la rete di
confine; i latrati strazianti di (forse) 2 cani tenuti da anni legati
ad una corda di meno di due metri e relegati sotto una tettoia di
indecifrabile materiale in qualsiasi condizione atmosferica; il
belare e le cornate di alcune capre costrette in un inqualificabile
recinto; gli urli e le bestemmie dei proprietari dei suddetti
animali.
Con tutta sincerità, gentile
Dottoressa, in tale scenario non ci trovo nulla di bucolico, di sano
amore per la natura, di amorevole cura degli animali.
È’ piuttosto un’eclatante mancanza
di rispetto dell’altrui libertà di vivere tranquillo.
Provare per credere.
Cordialmente.
Enzo Mottola
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