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sabato 31 agosto 2013

Lettera aperta di Enzo Mottola alla dottoressa Gullotta

Gentile Dott.ssa Gullotta
“La mia libertà finisce dove inizia la libertà di chi mi sta accanto”.
Da sempre ho improntato la mia vita sull’osservanza di questa massima, o almeno ci ho provato e continuerò a provarci.
Quindi la base del vivere civile è il rispetto reciproco: rispetto personale, comportamentale, delle idee di ciascuno di noi.
In mancanza di ciò ognuno si assume le proprie responsabilità.
La decisione unilaterale dell’Amministrazione di istituire i cosiddetti cani di quartiere, lede la libertà di coloro i quali, per svariati motivi, non sopportano la convivenza con questi animali (cinofobia, allergie, tutela personale e così via). Non a caso è sancito chiaramente (a livello nazionale e Lipari fa parte dello Stato Italiano) che il cane di quartiere è tale se richiesto espressamente da un certo numero di persone, previa osservanza di precipue procedure e assunzione di conseguenti responsabilità.
Non mi risulta che ci sia stata alcuna petizione a riguardo per cui mi sembra trattarsi di mera imposizione finalizzata allo scaricarsi di ogni responsabilità.
Tutto ciò a prescindere dal soggettivo amore per i cani, sicuramente le vere vittime della “bestialità umana”. Per ciò che riguarda la mia libera scelta di vivere su un’isola, immerso nei profumi, nei colori, nella tranquillità di una natura ancora sufficientemente incontaminata, ovviamente non prevedevo, e non prevedo, la forzata convivenza con un bestiario rumoroso.
Sono bombardato quotidianamente, dalle primissime luci dell’alba (le 3, le 4 del mattino per intenderci) fino al tramonto, cioè 16-18 ore al giorno, con una frequenza media di 10-20 secondi, da un lacerante suono non di uno ma di sei o sette galli, in estenuante gara di potenza canora; il chiocciare assordante di forse una quarantina di pennuti, lasciati sempre liberi di scorazzare, maleodoranti, per tutto il giardino, fin sotto la rete di confine; i latrati strazianti di (forse) 2 cani tenuti da anni legati ad una corda di meno di due metri e relegati sotto una tettoia di indecifrabile materiale in qualsiasi condizione atmosferica; il belare e le cornate di alcune capre costrette in un inqualificabile recinto; gli urli e le bestemmie dei proprietari dei suddetti animali.
Con tutta sincerità, gentile Dottoressa, in tale scenario non ci trovo nulla di bucolico, di sano amore per la natura, di amorevole cura degli animali.
È’ piuttosto un’eclatante mancanza di rispetto dell’altrui libertà di vivere tranquillo.
Provare per credere.
Cordialmente.
Enzo Mottola

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