(Pino La Greca) Leggendo alcune notizie provenienti dal Palazzo Municipale mi sono posto una domanda: “girare la frittata" è l'arte degli astuti o dei monotematici? La mia risposta: Degli astuti.
Chi è monotematico non riesce a girarla bene, la frittata, perché appare chiaro che non sa di cosa stia parlando e che le sue siano solo frasi ad effetto, previa riflessione.
Chi invece è astuto rigira la frittata con tanta maestria da incantarti e da impedirti di vedere che ciò che sta facendo è mero spettacolo.
Partiamo dal dissesto dell’area di Porticello. Per anni non si fa nulla o ancor peggio si finisce per assentire una determinata attività, poi si inizia a strillare. Sin dal 2002 il governo Berlusconi del tempo, sottosegretario Bono, ed il Governo Regionale, assessore Fabio Granata, chiedono all’amministrazione comunale del tempo (la ricordate?) di farsi carico di un Piano di riconversione delle cave di Pomice. Piano che doveva dare le indicazioni per lo sviluppo futuro dell’area e programmare la chiusura e la dismissione dell’attività estrattiva con la indispensabile messa in sicurezza dei pendii e delle scarpate. Piano di riconversione che non viene fatto. Nulla, niente, neanche di fronte alla disponibilità politica di governi, nazionali e regionali, dello stesso colore politico. Si insegue la facile strada delle proroghe, si chiedono proroghe ai ministri, si chiedono proroghe agli assessorati, si chiedono proroghe agli enti regionali competenti, vedi, Distretto Minerario. Si arriva, addirittura, a firmare delle Ordinanze di prosecuzione delle attività estrattive anche in regime di concessioni minerarie scadute e contro il parere degli uffici competenti, Sovrintendenza e Distretto Minerario in nome dello sviluppo e dell’occupazione. Invece di affrontare con coraggio la strada della pianificazione, ossia predisporre il Piano di riconversione, proprio per salvaguardare l’occupazione, salvaguardare l’azienda, salvaguardare il territorio e lo sviluppo eco-sostenibile del territorio, si preferisce vivere alla giornata, ossia chiedere le proroghe per l’attività di escavazione.
Lo stesso dicasi per gli operai, invece, di affrontare seriamente il piano di riconversione per garantire il lavoro agli operai e soprattutto alle future generazioni, si è preferito cercare delle scorciatoie, che hanno prodotto i risultati che giorno per giorno possiamo leggere sulla stampa a proposito degli ex operai della pomice.
Ma ecco il tocco dell’artista, quando pensa che nessuno ricordi più quello che ha fatto, o ancor meglio quello che non ha fatto, gira la frittata: è dal duemilacinque che lancio l’allarme, grida, attaccando tutto e tutti. Che maestria.
Passiamo al dissesto del territorio. Parliamo degli incendi e della mancata attuazione di quello che la legge prescrive per le aree percorse dal fuoco. Da anni giace indiscussa una richiesta di autoconvocazione in consiglio comunale proprio in merito alla lotta agli incendi e agli atti da porre in essere per le aree percorse dal fuoco. Ancora una volta niente è stato fatto dall’amministrazione del fare. Le aree incendiate perdono di anno in anno alberi e macchina mediterranea, si trasformano in aree a rischio con le prime piogge. Le nostre strade limitrofe alle aree bruciate si trasformano in paludi non appena arriva un acquazzone. Ma perché non si fa niente per la mappatura delle aree percorse dal fuoco? Perché non si attiva con gli enti regionali competenti un’opera di riforestazione del suolo per contenere e prevenire il depauperamento della nostra flora e della nostra fauna? Perché non si è data piena attuazione alla regolamentazione delle Riserve Naturali Orientate per le Isole di Lipari e Vulcano?
Ancora una volta chi, previdente, lancia gli allarmi viene tacciato di non volere “lo sviluppo” delle Isole Eolie, di voler “ingabbiare” il territorio. Ma di quale sviluppo stiamo parlando? Quello a cui assistiamo ad ogni temporale: via Roma (torrente Ponte),via Valle (Torrente Santa Lucia), via Boccetta, via torrente aurora, via calandra a Canneto. È questo lo sviluppo che vogliamo?
Anche su questo argomento, statene certi, nei prossimi giorni assisteremo al “giramento della frittata”, qualcuno si trasformerà nel paladino dello sviluppo eco-sostenibile.
Passiamo al dissesto delle coste. L’eco-sistema marino delle Isole è particolarmente delicato. Abbiamo visto nel tempo come un pontile, un pennello portuale, collocato più o meno a caso, finisce con il compromettere spiagge e coste. Gli esempi: basta andare a guardare il pontile di Porticello o in pontile della Protezione civile a Vulcano Ponente, o il relitto del pontile di Ficogrande a Stromboli, o ancora meglio il Pontile di Canneto e le due spiagge che si sono create nel tempo. Insabbiamenti o depauperamenti, disastri che negli anni successivi hanno richiesto milioni su milioni, per difendere gli abitati. Anche qui, come possiamo bene vedere, il voler a tutto i costi realizzare opere senza i necessari studi, senza i necessari piani regolatori, rischia di compromettere in maniera irreversibile il territorio. Naturalmente gli errori del passato vanno rimediati, gli abitati di Acquacalda, Canneto, Portinente, Vulcano e delle altre isole sono da farsi, anche con una certa urgenza perché oltre le case coinvolgono le vite umane, ma la lezione per il futuro?
Vogliamo veramente questi mega-porti che rischiano di distruggere irrimediabilmente il nostro eco-sistema costiero?
Diffido degli esperti, soprattutto di quelli che sono originari o vivono a Messina, hanno distrutto la loro città, rendendola una delle più invivibili della nazionale e mi chiedo che cosa hanno da insegnare a noi eoliani, soprattutto sui porti?
Ma anche qui, statene certi, si girerà la frittata.
Passiamo al dissesto delle colline o meglio degli alti versanti delle isole. Vi siete chiesti mai perché si verificare i fenomeni che possiamo vedere quando piove a Vulcano, sull’area adiacente al Gran Cratere, o a Canneto con il torrente Calandra?
La natura, nel tempo, ha realizzato delle conformazioni naturali all’interno delle nostre isole, conformazioni naturali che hanno regolato il deflusso delle acque ed il regime dei venti. Ma di questo non si deve tener conto in nome dello sviluppo. Allora che si fa? semplice, dove la natura ha disposto altrimenti l’uomo deve intervenire e modificare.
Prendiamo un progetto a caso, vediamo se i lettori indovinano quale. Si abbassa colle sant’Elmo per circa cinquanta metri (e non interessa nulla se questo modificherà irrimediabilmente il regime dei venti e delle acque) si prende il terreno scavato e si procede al riempimento dei canaloni di Vallone Bianco (la natura ha scavato, in centinaia di anni, i torrente di vallone bianco che canalizzano verso Quattropani le acque degli alti versanti di Lipari) lor signori in uno/due anni pensano di riempirli, trasformando quello che è una conca naturale in una pianura piatta, liscia.
A lor signori non viene nessun dubbio che distruggendo l’intero ecosistema tra il monte Sant’Angelo e il Monte Chirica rischiano di innescare processi di distruzione del territorio? Che succederà con l’acqua che naturalmente accumulerà l’opera di cui si parla? Dove verrà canalizzata, verso Quattropani, verso Lami, verso Canneto? E che ne sarà del regime dei venti dopo aver abbassato colle Sant’Elmo? Avete indovinato di cosa parlo? Statene certi, ancora una volta, l’artista girerà la frittata, “sono contro lo sviluppo” ripeterà ancora una volta.
È proprio vero chi non conosce la storia è condannato a ripeterla.
L’equazione sviluppo=cemento non esiste più, se mai è esistita. Quello che abbiamo visto in questi giorni a Messina e nei mesi passati in altre parti d’Italia è il risultato di questa equazione. Bisogna comprendere che l’equazione corretta è: sviluppo=eco-sostenibilità, soltanto così potremo tutelare il nostro territorio, il nostro vero patrimonio mondiale, e garantirci il nostro futuro, un futuro di sviluppo nel rispetto della natura che ci circonda e di cui siamo parte.
Come scriveva il grande scienziato francese Eliseo Reclus: L’uomo è la natura che prende coscienza di se stessa.