"Non “pensino” i “benpensanti” (scusate il bisticcio di parole) che noi della Soprintendenza del Mare emaniamo i nostri pareri autorizzativi con leggerezza o, peggio, sull’onda di “emotività” indotte da chissà quali condizionamenti. Al contrario ogni parere è il frutto di attenta analisi dei luoghi e di una rigorosa istruttoria basata soprattutto su indagini dirette sia mediante osservazione dei fondali da parte dei nostri specialisti, sia mediante sorbonature (scavi archeologici stratigrafici subacquei) che con l’ausilio di strumentazioni adeguate (sub bottom profiler per evidenziare strutture o reperti sottostanti al fondo marino, side scan sonar e multibeam per individuare eventuali reperti emergenti dal fondo).
Tutto ciò è stato fatto anche a proposito dell’importantissimo rinvenimento delle consistenti tracce del portico romano a - m 12,70 (la base del colonnato) nelle acque di Sottomonastero.
Alla luce di quanto registrato mediante accurate analisi, corroborate anche dai dati preliminari di una collaborazione fruttuosa intrapresa con i geologi dell’Università di Catania al fine di contestualizzare l’eventuale monumento e comprenderne le dinamiche di giacitura, abbiamo emanato il ben noto parere autorizzativo determinando lo spostamento dell’opera progettata (il molo per navi di grande stazza) al di fuori dell’area archeologica sommersa.
Chi conosce i fondali in questione sa bene che vi è una zona di bassi fondali che si distacca ortogonalmente dalla banchina attuale e che, alla luce di quanto scoperto, dovrebbe verisimilmente corrispondere ad un antico molo di epoca almeno romana.
Ebbene, d’intesa con progettisti, stazione appaltante ed esecutori dell’opera abbiamo stabilito che il suddetto molo non debba essere costruito nella zona in questione come da progetto originale, ma vada spostato al di fuori dell’area archeologica. Inoltre, a maggiore sicurezza di eventuali reperti che dovessero trovarsi al di fuori della zona archeologica definita in seguito alle nostre accurate indagini, abbiamo anche stabilito che lo scavo per il posizionamento dei cassoni del molo nella zona più prossima (ma sempre esterna all’area archeologica) venga eseguito non con benna bensì con idrovora al fine di un maggior controllo per eventuali scoperte fortuite. L’uso delle “benne” tanto contestate è stato autorizzato soltanto al di fuori dell’area archeologica laddove siamo certi non vi siano resti strutturali.
Pertanto teniamo a chiarire e tranquillizzare i cittadini e tutti coloro che hanno a cuore il nostro patrimonio culturale specificando che, non soltanto abbiamo valutato con attenzione i luoghi evitando il benché minimo danneggiamento di qualsivoglia testimonianza archeologica al patrimonio archeologico sommerso, ma vigileremo quotidianamente con due nostri addetti a tutte le operazioni di scavo che verranno effettuate nell’area in questione.
Rivendichiamo, pertanto, la validità del nostro operato che, in linea con la metodologia che adoperiamo in siffatte situazioni “difficili”, non è mirato a creare contrapposizioni inutili e sterili con la controparte (stazioni appaltanti, ditte, altri enti pubblici etc.), bensì a cercare soluzioni che possano contemperare le esigenze imprescindibili della tutela con quelle dello sviluppo e della dinamica migliorativa delle opere pubbliche.
Ma vorrei anche precisare che tale autorizzazione non riguarda l’intero progetto portuale, bensì la sola costruzione del molo in questione. Tutte le altre operazioni di escavazione e colmata che verranno effettuate nel quadro della realizzazione del progetto più ampio del porto dovranno essere vagliate con molta attenzione al fine respingerle, modificarle o, eventualmente, autorizzarle.
Vorrei anche specificare che la nostra competenza primaria ed esclusiva, per chi non lo sapesse, riguarda esclusivamente il mare. Pertanto noi valuteremo solamente tutto ciò che verrà realizzato al di sotto del livello marino; il resto (tutto ciò che emerge e che riserva intense considerazioni di ordine paesaggistico, è di competenza della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Messina).
Pertanto il nostro parere non potrà essere reso su tutta l’opera in se, bensì sulle opere a mare. Ciò non ci esime, al livello puramente personale, dall’avanzare considerazioni sulla totalità del progetto.
D’accordo con tanti cittadini ed esponenti della cultura ritengo il progetto del nuovo porto da realizzare nell’area tra Sottomonastero e Pignataro fortemente invasivo soprattutto per due motivi. Da un lato la scomparsa del tipico paesaggio eoliano rappresentato dalla spiaggia a ciottoli immediatamente davanti le basse case costiere con le barche tirate in secco rappresenta una perdita di un valore paesaggistico ed umano di grande rilievo che comprometterà per sempre la percezione identitaria di una delle porzioni più significative di Lipari e delle Eolie : il suo capoluogo.
Perdere questa identità in favore di ampie banchine fortemente invasive che annulleranno le spiagge ed al loro posto posizioneranno infiniti metri cubi di costruito, ancorché di qualità, sarebbe una perdita incalcolabile ed irreversibile per la nostra terra. Un’altra considerazione da semplice cittadino sensibile ai valori della storia, della cultura e della nostra identità ci preme avanzare anche a proposito del costruendo molo per navi da crociera di Sottomonastero. Tale considerazione riguarda l’opportunità di permettere alle grandi navi da crociera di approdare a Lipari.
Ritengo tale prevista possibilità non una “opportunità” bensì una disgrazia per l’isola e per le Eolie in generale. Quale sarà il vantaggio economico di tali approdi? Pressoché nullo poiché, com’è noto, i crocieristi consumano tutto a bordo e le loro rapidissime incursioni lasciano poco o nulla sul territorio. Il risultato sarà quello di avere vere e proprie “invasioni” improvvise di migliaia di persone e l’impatto visivo orribile di enormi “grattacieli” galleggianti a contatto di pochi metri dalle splendide e delicate architetture naturali ed antropizzate dell’Acropoli di Lipari a fronte di risicati vantaggi economici.
Sulla base della mia esperienza sono assolutamente convinto che se vogliamo che le piccole isole del Mediterraneo conservino il loro forte ed unico carattere identitario per cui sono apprezzate e visitate non possono permettere siffatti fenomeni di turismo di massa “mordi e fuggi”.
Questo turismo, come ci ammonisce Marc Auget, produrrà “non luoghi”, cioè luoghi privi d’identità che nessuno, tra qualche anno vorrà più visitare. Sono convinto fortemente che il futuro del turismo nelle piccole isole non debba passare per l’aumento vertiginoso delle presenze, ma sulla sua qualificazione culturale ed ecocompatibile che vuol dire incremento qualitativo e non quantitativo pena la loro completa distruzione con all’orizzonte il deserto culturale ed il disastro economico. Ma queste considerazioni sono del tutto personali e non attengono alla nostra competenza che riguarda la tutela del patrimonio culturale sommerso che, comunque, in ottemperanza alle norme vigenti, difenderemo senza sconti.
Mi auguro, comunque, che le mie considerazioni possano consigliare i pianificatori ed i politici ad avere una maggiore oculatezza e sensibilità nella programmazione di opere e scenari futuri assolutamente incompatibili con il carattere dei luoghi della nostra memoria.
Sebastiano Tusa, aprile 2010