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martedì 6 aprile 2010

Memento.. ovvero l'insopportabile "invasione di campo" da parte del sindaco (di Lino Natoli)

(Lino Natoli) Quando ero ragazzino cercavo sempre di evitare le funzioni in cattedrale. Il vescovo del tempo era una brava persona ma le sue prediche erano noiosissime. Lunghe, inconcludenti, ripetitive, insomma una vera tortura. Quando proprio non potevo evitare di andarci, durante l’omelia cominciavo a pensare ad altro. Era il momento dei sogni, del tempo che non passava mai, dell’orologio guardato in continuazione, del contorcimento tra i banchi. Alla fine il sollievo che prendeva me, ma non solo me, si stampava sul volto come l’estasi di San Francesco di Francisco de Zurbàran.
A quel tempo vivevo questa cosa con un senso di colpa, come se venissi meno ad un mio dovere, come se la mia partecipazione alla messa fosse inutile. Così, un giorno, sfruttai l’occasione della presenza a Lipari di un religioso venuto nientemeno che dal Veneto per confessare il mio peccato. Confessione piena e senza tentennamenti: la predica del vescovo è insopportabile. La risposta che ottenni fu molto comprensiva: “se non riesci a sopportare la predica, esci, ti fai una passeggiata e quando pensi che stia per finire rientri”. Devo dire che fui molto sollevato e che seguii il consiglio, anche a costo di apparire (ammesso che qualcuno se ne sia mai accorto) scortese. Successivamente solo raramente sono stato costretto a questo stratagemma, normalmente i sacerdoti di Lipari si preparano prima di salire sul pulpito e quasi sempre ti lasciano qualcosa da portare a casa.
Tuttavia, però, da un po’ di tempo c’è una novità che ha riacceso i miei sensi di colpa: l’omelia in chiesa del sindaco. Funerali, ricorrenze, feste patronali, adesso persino la solenne funzione della mattina di Pasqua diventano occasioni per il sindaco di Lipari di porgere ai fedeli il suo mementino. Sembra ormai inevitabile: se c’è in chiesa il sindaco, questi parla.
Sarà poi l’ambiente, il pulpito, la presenza dei sacerdoti, l’altare, la gente seduta tra i banchi, ma fatto sta che l’omelia del sindaco assume toni e contenuti da predicatore di tanti anni fa. Una retorica d’altri tempi che riporta tutti a quelle belle novene a cui ci costringevano le nostre nonne e che ci hanno instillato la virtù della pazienza, della sopportazione, della perseveranza. Non so se il Canone consenta questi interventi durante la liturgia, o se, con l’andare del tempo, essi siano ormai da considerarsi liturgici. So per certo che la cosa è diventata veramente fastidiosa. Tanto fastidiosa che domenica mattina siamo stati in molti ad uscire dalla chiesa quando il sindaco ha preso la parola prima che si concludesse la funzione.
Io ho molto rispetto per il sindaco, e sono convinto che egli intervenga con la sincera intenzione di dire cose importanti, e che i sacerdoti lo facciano intervenire animati da puro spirito civico, però ci sono altri luoghi, altri momenti nei quali il sindaco può parlare ai suoi concittadini e lasciare che in chiesa parli solo chi deve. Anche perché gli animi più indifesi potrebbero fare confusione, e siccome, almeno in chiesa, la confusione non è ammissibile, da umile e deprecabile peccatore chiedo se non sia possibile finirla con questa insopportabile invasione di campo.
Per me la cosa cambia poco, sono stato assolto quando non sopportavo la predica del vescovo, figuriamoci se vado all’inferno perché non reggo quella del sindaco, però vedere giovani, meno giovani e anziane signore abbandonare la chiesa disgustate il giorno di Pasqua m’ha fatto un po’ pena.