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domenica 22 aprile 2012

Intitolazione della piazza a Marcello D'Albora. Il discorso di Mons. Adornato


Oltre ad essere azione di suffragio è anche un atto di gratitudine, quello che stiamo celebrando. E' lezione di vita senza confini.
Stiamo vivendo un avvenimento che fa riflettere, che suscita l’interesse di tutte le coscienze e vuole ricordare che l’intitolazione di una piazza stà a significare che la nostra città, che deve tanto della sua fama storica all' operosità dei suoi cittadini, al loro sguardo ottimistico verso il mondo, vuole rendere omaggio alla figura, direi carismatica, di Marcello D' Albora.
Ha detto bene Dostoiewski: "Un ricordo sacro conservato negli anni, e forse la migliore educazione" .
Intitolare una piazza alla sua memoria è un nostro dovere morale e affettivo. Intitolargli, poi, la stessa piazza accanto alla sua abitazione ha un significato ancora più profondo. Quì, Marcello ha vissuto tanta parte della sua vita ed ha coltivato i suoi interessi; qui ha forgiato la sua tempra di uomo col suo sorriso che ha conquistato i cuori di tutti noi, e qui vogliamo incidere in eterno il suo nome per ricordarlo alle generazioni future e ravvivarlo a quella odierna.
Dare il suo nome a una via non e tanto un riconoscimento conferito alla sua memoria, piuttosto è un onore dato alla città, che ha avuto la fortuna di poter apprezzare la sua opera e che in questo modo vuole rendere perenne la considerazione, la stima e l' affetto che gli ha portato in vita e ricordare con un gesto simbolico l'impegno, la serietà e la dedizione che da lui ha ricevuto. Un

gesto per dare anche un altro segno di vicinanza alla sua famiglia, alla gentile signora Aurelia e ai
figli Augusto e Lucia.
Marcello D'Albora ci ha lasciato un esempio prezioso e incancellabile. Un esempio di competenza unita ad una grande passione per il suo lavoro, a una visione moderna e di largo orizzonte delle cose, e ad un tratto del carattere improntato a sobrietà, pacatezza e sollecitudine verso gli altri, con la volontà tenace e creativa di educare i più giovani, ai principi della democrazia. Qualità, queste, che lo hanno caratterizzato come professionista, come uomo, come servitore dello Stato e come padre.
Era un uomo nato per la politica. Per lui l'impegno al servizio della gente è stata una vera e propria vocazione. Ai suoi occhi non contava il colore politico, sapeva ascoltare tutti. Pur essendo un leader non creava il vuoto attorno a se e non si ergeva a protagonista. Restava sempre semplice ed umile. In questo momento, parlando di lui, mi pare di parlare con lui, come in uno di quegli incontri intimi che hanno continuato le nostre relazioni durante la vita.
Per questo è un atto di gratitudine, il nostro. Lo ricordiamo con riconoscenza e ammirazione per un grande esempio di probità offertoci nell’espletamento delle molteplici mansioni della sua attività .


                       Created by DPE, Copyright IRIS 2005sua attività. Mi pare di poterlo definire l'uomo "dell'ascolto"; rispettoso di ogni suo simile, aperto alla socialità, attento ai movimenti di rinnovamento. Fu uomo di riflessione, di visione cristallina, di fedeltà morale, di sensibilità politica. Si rivelò l'uomo di questa nostra terra, di queste nostre isole povere e feconde, solide e tormentate, sempre in lotta per il pane e lo sviluppo, percosse da secoli con i fermenti più contraddittori della cultura e della servitù, sempre invase, devastate, ricostruite, distrutte dal sopravvenire dei diversi popoli e che custodiscono i segni della grandezza nelle architetture dei templi, nei resti delle antiche civiltà: questa la terra per la quale visse e, in certo senso, si sacrificò.
Mi pare di poterlo definire l’uomo “ dell’ascolto” ; rispettoso di ogni suo simile, aperto alla socialità, attento ai movimenti di rinnovamento. Fu uomo di riflessione, di visione cristallina, di fedeltà morale, di sensibilità politica. Si rivelò davvero l’uomo di questa nostra terra, di queste nostre isole povere e feconde, solide e tormentate, sempre in lotta per il pane e lo sviluppo, percosse da secoli dai fermenti più contraddittori della cultura e della servitù, sempre invase, devastate, ricostruite, distrutte dal sopravvenire dei diversi popoli e che custodiscono i segni della grandezza nelle architetture dei templi, nei resti delle antica civiltà: questa la terra per la quale visse e, in certo senso, si sacrificò.
Il caro Marcello, saggio amministratore del Comune, della Scuola, dell'Ospedale, dell'ECA, con la sua bontà, col suo equilibrio, con la sua prudenza e, perchè nò, con le sue lepide e rapide "battute", che recavano gioia anche nei momenti di affanno, ha passato a noi, nella corsa della nostra vita, il testimone della staffetta.
Dobbiamo poter trarre del suo ricordo la necessaria lezione. Egli ha dato senso alla sua vita: chi vuol vivere da uomo deve sapere perchè vive, qual’è il senso di questa storia nella quale e impegnato. O il mondo è "senza senso" e la vita non merita la pena di essere vissuta, 0 c'è un grande Amore, una grande Idea, che conduce questa appassionante ma inquietante svolgersi dell' esistenza. Potremmo forse sintetizzare una vita degna di essere chiamata umana poggiandola in questi tre cardini: il pensiero, l'amore, l'azione.; onde l'espressione "L'uomo agisce come ama ed ama come pensa". Rinunciare a pensare equivale a rinunciare alla nostra forza ed alla nostra dignità. L' esempio, del caro Marcello mi insegna che non posso accontentarmi di "coltivare il proprio orto" come consigliava Voltaire a conclusione del suo Candido; oppure rassegnarmi a "obliar senza indagarlo, questo enorme mister dell'universo" come diceva Carducci. Altrimenti la mia vita non ha senso, non ha centro, non ha scopo.
A noi tocca come espressione di una civiltà ricca di valori e di tradizioni secolari, riconoscere pubblicamente, additare i meriti dei più attivi ed esimi concittadini, iscriverli nel libro d'oro delle memorie comuni, tramandarli come esempio a quelli che verranno dopo di noi. L’amico Marcello è uno di questi.
La conoscenza delle proprie radici e lo spirito costruttivo e critico sono passi fondamentali per difendersi dalla globalizzazione di massa e puntare alla originalità della propria identità. Bergson reclamava per il mondo un supplemento di anima, il mondo invoca oggi un supplemento d’amore.                                                                                             Mons. Alfredo Adornato

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