In Sicilia quest’anno il Pil regionale calerà di quasi il 3% e del 2,2% si ridurranno gli occupati “cosicché a lavorare sarà poco più del 40% dei siciliani in età da lavoro”. E non è andata meglio l’anno scorso. Nel 2011 il tasso di occupazione s’è attestato al 56,4% per gli uomini (-0,7%) e al 27,7% per le donne (-1%). Complessivamente ha perso 0,4 punti. Sempre nel 2011 nell’Isola l’indebitamento delle famiglie è aumentato del 3% ed “è, ora, più alto della media nazionale”. È volato l’indebitamento della Regione (5,3 miliardi) e degli enti locali dell’Isola (oltre 7 miliardi). E solo nell’ultimo anno è calato di oltre un miliardo il gettito delle entrate fiscali prodotte nella regione. Ancora, sono crollati gli investimenti industriali: -8%. E quanto ai giovani, è su loro che pende, soprattutto, una spada di Damocle: il 36% di chi ha tra 15 e 29 anni, non studia né lavora. Insomma, una débâcle per l’economia dell’Isola.
Per la Cisl, un “fallimento storico”. Meglio: “il fallimento economico e politico della classe dirigente regionale che, negli anni, ha consolidato il proprio consenso sui trasferimenti finanziari e sulla mera gestione clientelare delle risorse pubbliche”.
La Cisl, stamani, ha riunito a Messina l’assemblea generale dei delegati, 700 rappresentanti sindacali delle nove province dell’Isola che, presenti Annamaria Furlan, segretario confederale nazionale e Giuseppe Gallo, leader nazionale Fiba (i bancari), hanno lanciato alla politica regionale un vero e proprio “ultimatum”. Un aut aut che annuncia “mobilitazione sociale”. Perché “questa classe dirigente – sostiene il sindacato guidato nella regione da Maurizio Bernava – s’è mostrata incapace di promuovere creazione di ricchezza, risanamento del debito, riorganizzazione dei sistemi locali”. E di mettere al centro dell’azione politica la crisi che, invece, specialmente in questa fase dell’economia, è “l’unità di misura della lungimiranza politica”.
Per la Cisl Sicilia, il fallimento della classe politica regionale è “un fatto smaccatamente doloso”. A sostenerlo è l’assemblea generale dei delegati, riunita oggi a Messina. “È dal 2009 che governo e politica siciliani ricevono suggerimenti, proposte, contributi, indicazioni dal mondo del lavoro e delle imprese. Ma non s’è mossa foglia”, contesta il sindacato. Così, tuona la Cisl: “Se ne vadano a casa”. “La politica, e il governo, o sono etica, trasparenza, competenza, legalità, o non sono”. Né merita di candidarsi alle elezioni regionali chi è stato incapace di sciogliere i nodi della crisi, segnatamente mediante la riprogrammazione dei fondi Ue, incalza Maurizio Bernava, segretario generale regionale.
L’assemblea dei delegati della Cisl Sicilia, riunita oggi a Messina, afferma, si legge in una nota, che nell’Isola “il momento di più dura contrazione economica coincide, oggi, con quello di maggior disagio istituzionale e con la più vistosa degenerazione etica della politica”. È in questo contesto che è stata convocata l’assemblea generale, “per dare un segnale forte, di svolta”, precisa il sindacato. E aggiunge Maurizio Bernava, segretario generale: “Vigileremo, pronti alla mobilitazione, contro le onerose, insostenibili, vecchie logiche di spartizione elettorale”. Al riguardo il sindacato si chiede pure, “che senso ha, ora, con una recessione che tende a degenerare in depressione, l’ennesima overdose, per settimane, di logiche e clientele meramente elettorali?”.
La Cisl proporrà un Manifesto per la buona politica in una decina di punti, al cartello delle forze economiche e sociali che l’1 marzo hanno sfilato assieme a Palermo, “per la prima volta nella storia dell’Autonomia”, ponendo all’unisono il tema della crescita economica e sociale. Lo ha deciso l’assemblea dei delegati della Cisl Sicilia, in corso oggi a Messina.
“È alle associazioni che hanno promosso la Marcia per il lavoro produttivo, che proporremo – sono parole del segretario generale Maurizio Bernava – un manifesto con l’indicazione di azioni e priorità per portare la regione fuori dalla crisi: attraendo investimenti, risanando il debito, riorganizzando i sistemi locali”.
La Cisl pone l’accento sulle politiche attive per la crescita e l’occupazione; l’accelerazione della spesa; le infrastrutture; il taglio dei costi della politica e della pubblica amministrazione.
Insomma, “la Sicilia non può farsi risucchiare dalle combine elettorali e spartitorie del passato”, incalza il sindacato. Dovrà essere “un piano per energia, innovazione, ricerca e infrastrutture”, il pilastro della strategia per lo sviluppo che sarà al centro del consiglio dei ministri di domani. A sostenerlo è la Cisl per voce di Annamaria Furlan, segretario confederale nazionale, intervenuta stamani all’assemblea dei delegati della Cisl Sicilia, a Messina. Per Furlan è, questo, “un piano strategico di assoluta urgenza per il Paese anche se lo sviluppo è questione che attiene alla responsabilità del governo centrale come di quelli locali e che passa pure per una riforma fiscale che tagli il peso delle tasse su lavoratori e pensionati”.
Furlan sollecita lo sblocco delle grandi opere già finanziate dal Cipe, “abbiamo bisogno di investimenti importanti”; e sottolinea che perché la crescita si metta in moto “i comuni virtuosi devono poter derogare dal patto di stabilità per le opere medio-piccole urgenti per le città”.
Bisogna tagliare il cordone ombelicale tra banche e titoli del debito pubblico. È la madre di tutte le riforme europee. Ne è convinto Giuseppe Gallo, segretario nazionale dei bancari Cisl, che lo ha ribadito stamani nel corso dell’assemblea generale dei delegati della Cisl Sicilia, a Messina. Le banche italiane, sostiene Gallo, hanno complessivamente un buon equilibrio patrimoniale e mostrano una buona sostenibilità economica. Hanno però in portafoglio qualcosa come 272 miliardi di titoli italiani del debito pubblico. È questo il punto dolente, perché “sale lo spread e i titoli perdono valore”, cosicché le banche sono costrette a fare aumenti di capitale e “conseguentemente, riducono il credito all’economia”. Per Gallo, “da questo cul de sac se ne può uscire solo consentendo alla Bce di acquistare direttamente sul mercato primario i titoli del debito pubblico degli Stati o facendo della Bce un creditore di ultima istanza”. È questa una riforma europea alla quale non ci si può più sottrarre.
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