A partire dal primo gennaio del 2013 20mila lavoratori a termine potrebbero rimanere disoccupati. Si tratta degli impiegati pubblici siciliani.
Unica speranza l’assunzione, che nei fatti il Parlamento isolano ha
tentato di far passare. Peccato che le modalità siano illecite, siccome
eluderebbero il concorso pubblico, obbligatorio per tutte le posizioni
statali. È stato il commissario dello Stato Carmelo Aronica a fermare,
con una impugnativa lunga quasi quaranta pagine, il provvedimento che
non era rispettoso né delle norme di finanza pubblica né del merito
Il Parlamento regionale ora prova a rimediare con una “legge voto” ad
hoc, ma a questo punto è davvero dura: per i precari, infatti, se il
Parlamento nazionale non approva la legge proposta da Palazzo dei
Normanni, non vi è più possibilità di proroga in applicazione di norme
nazionali contenute nelle leggi 102/2009 e 122/2010. Due i vincoli che
condizionano il futuro dei precari siciliani: il termine improrogabile
per cui la stabilizzazione deve avvenire entro il 31 dicembre 2012 e il
divieto agli enti locali in cui l’incidenza delle spese per il personale
sia pari o superiore al 40% delle spese correnti di procedere
all’assunzione di personale a qualsiasi titolo.
La legge voto approvata dall’Assemblea siciliana cerca di uscire
dall’empasse proponendo al Parlamento nazionale una modifica alla
normativa prevedendo “la proroga per il prossimo triennio, dal 2012 al
2014, della normativa nazionale” e il superamento dei vincoli di finanza
pubblica dettati dal cosiddetto patto di stabilità. In questa
condizione si trova, secondo quanto ha riferito in aula, il 70% dei
comuni siciliani che ha sforato la spesa per il personale del 50%.
Dal canto loro, i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per il 4
luglio una manifestazione a Palermo, non accontentandosi della proroga
al 2015. “Noi – spiega Enzo Abbinati, della segreteria regionale della
Funzione pubblica della Cgil – riteniamo che l’approvazione della legge
voto sia un primo e non sufficiente passaggio. La Regione si deve
impegnare sino in fondo soprattutto sul fronte della spesa: storicizzare
i flussi sostenuti finora e garantire ai comuni che in futuro sarà
possibile pagare i dipendenti”.
Questione assai complicata, quindi: da un lato le disastrate finanze
siciliani cui 20.000 assunzioni costerebbero veramente care, dall’altro
l’esigenza dei lavoratori di avere un posto garantito.
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