(dal National Geographic Italia)
Bastano pochi secondi per stabilire il carattere di un eruzione: è quanto afferma lo studio pubblicato su Nature Communications da un’équipe internazionale di ricercatori della McGill University di Montréal, di Elettra – Sincrotrone Trieste, Università di Trieste, Swiss Light Source e University of Chicago, coordinato dal geochimico Don R. Baker.
I ricercatori sono riusciti a filmare per la prima volta il fenomeno della vescicolazione di un magma basaltico, cioè il momento in cui nel magma cominciano a formarsi le bolle di gas che innescano l’eruzione vulcanica. L'hanno fatto in laboratorio portando ad altissime temperature una roccia basaltica idratata proveniente dallo Stromboli. E hanno capito che i primi 10 secondi di di questo fenomeno sono fondamentali per determinare il carattere più o meno esplosivo dell’eruzione stessa.
I ricercatori sono riusciti per la prima volta a seguire le trasformazioni della microstruttura della roccia e a correlarle al destino più o meno “esplosivo” del sistema. “Anche se non possiamo osservare un’eruzione in diretta all’interno di un vulcano", spiega Baker, "sappiamo che il fenomeno
L’esperimento è stato condotto presso la stazione sperimentale TOMCAT della Swiss Light Source, utilizzando la luce di sincrotrone. Spiega Lucia Mancini, ricercatrice a Elettra ed esperta in tecniche di imaging a raggi X: “Mentre portavamo la temperatura della roccia fino a 1.200 gradi centigradi attraverso un sistema laser di riscaldamento, abbiamo ottenuto una sequenza di immagini tridimensionali ad alta risoluzione - mediante la tecnica di microtomografia a raggi X. Abbiamo così seguito, nel corso dei primi 18 secondi di formazione e crescita delle bolle nel fuso magmatico, il variare del loro numero e della loro dimensione”.
“A questo punto, analizzando la geometria delle connessioni fra le bolle siamo riusciti quindi a calcolare la velocità con cui il gas attraversava le vie di fuga e usciva dal campione", dice Francesco Brun, ingegnere esperto in tecniche d’analisi delle immagini all’Univesità di Trieste e a Elettra. "Allo stesso tempo abbiamo determinato la rapidità con cui la struttura a bolle sotto pressione cedeva e si rompeva. Abbiamo così scoperto che, all’inizio, si formavano migliaia di bolle per centimetro cubo che intrappolavano il gas, per poi fondersi velocemente in una schiuma di bolle più grandi. Tutti questi cambiamenti avvenivano nei primi dieci secondi di crescita della bolla”.
“Da questi risultati", dice Don Baker, "possiamo ipotizzare quanto segue: anche se le rocce basaltiche fuse e scarsamente idratate possono dar luogo a eruzioni devastanti di grande entità, nella maggior parte dei casi, prima che il sistema collassi, il gas avrà già trovato le sue vie di fuga, dando luogo a eruzioni più deboli e di carattere effusivo. Nel caso invece di eccezionali tassi di crescita delle bolle o in condizioni in cui le bolle non possano fondersi fra loro, il cedimento della struttura potrà essere più veloce, spiegando fenomeni molto più violenti come l’improvvisa esplosione dello Stromboli dell’aprile 2003”.
“Anche se oggi non siamo in grado di comprendere tutti i meccanismi che determinano l’entità di un’eruzione", conclude Baker, "questo lavoro dimostra che i primi dieci secondi di crescita delle bolle di gas hanno un ruolo decisivo in tal senso e indica che il sistema di monitoraggio dei vulcani deve basarsi sulla misura di rapidi cambiamenti nel flusso, oltre che della composizione, del gas. Cercheremo ora di capire ancora meglio cosa succeda nei primissimi secondi di sviluppo delle bolle e come queste siano per esempio influenzate, nella loro crescita, dalla presenza di cristalli nel magma”.
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