ROMA – Il vulcano Marsili, uno dei più estesi d’Europa, lungo 70 km e largo 30 km potrebbe dare elettricità a tutta Italia. Secondo il Marsili Project Eurobuilding, il vulcano ritenuto tra i più pericolosi del Tirreno, potrebbe diventare la prima fonte di approvvigionamento di energia geotermica off-shore per il Paese, aprendo la strada a una fonte energetica nuova, pulita e inesauribile.
Secondo il progetto portato avanti dal geologo marino bolognese Diego Paltrinieri, i numerosi vulcani presenti nel Tirreno meridionale, a largo di Sicilia Calabria e Campania, sono una fonte notevole di calore. L’acqua surriscaldata detiene un potenziale calorifero che può essere trasformato in energia elettrica paragonabile a quella generata dalle grandi centrali geotermiche del mondo.
Paltrinieri intervistato dadistrettoenergierinnovabili.it spiega come funziona:
Il vulcano si comporta come un bollitore: abbiamo trovato a circa 10 km di profondità la camera magmatica. In essa il magma risale lentamente, ma resta all’interno. Non è come il Vesuvio: è più di tipo effusivo. Il corpo del vulcano, all’interno, ha fratture e l’acqua si infiltra. Su questo bollitore abbiamo un coperchio costituito da uno strato sedimentario, ma l’acqua dentro è sotto una pressione che supera i 200 bar. Si ipotizzano 400-500 gradi di temperatura. Siamo in una fase della vita del vulcano matura per sfruttare la geotermia, perché il suo magma ha alta capacità di generare elettricità
E assicura circa il rischio tsunami: “L’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha esaminato tutta la zona siciliana, calabra e campana: non sarebbero stati rilevati tsunamiti (tracce di maremoto, ndr). Risulterebbe dunque che non ci siano stati fenomeni di tsunami importanti nelle ultime migliaia di anni”.
E allora, cosa stiamo aspettando? Paltrinieri spiega ancora:
Il permesso di ricerca deve terminare con una perforazione e una dimostrazione; la fase del progetto che ci consente di poter dire quali zone del Marsili si possano sfruttare è terminata; si può quindi indicare dove realizzare i pozzi pilota. Da questo momento può partire la seconda parte, per la “coltivazione” di un campo geotermico. L’obiettivo è di ricavare quattro piattaforme senza fare troppi scavi: con quattro o cinque pozzi ricaveremo 200 megawatt, pari a una centrale nucleare di media potenza. Quella porzione del basso Tirreno è molto ricca. La geotermia è nata più di un secolo fa a Lardarello, in Toscana, ma la popolazione si oppone a causa delle esalazioni velenose. Nel nostro caso, invece, le piattaforme saranno poste a 80-100 km dalla costa, dove non abita nessuno: il Ministero dell’Ambiente guarda con favore tale a progetto, perché si tratta di un sistema geotermico aperto. Due mesi fa è stato approvato un decreto, sulla base del quale l’energia geotermica è stata inserita come energia alternativa nazionale.
Se tutto andrà per il verso giusto, quello del Marsili sarà il primo impianto off-shore di geotermia. Davvero un bel traguardo che assicurerebbe all’Italia un posto di pioniera nel campo delle energie rinnovabili.
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