Riceviamo dal consigliere Pietro Lo Cascio e pubblichiamo:
Mentre gli aliscafi restano a secco e i nostri trasporti marittimi pubblici affondano nell’indifferenza, il sindaco di Lipari prende carta e penna per scrivere ai colleghi isolani e al senatore Maraventano di Lampedusa un accorato appello in difesa della caccia al coniglio. Per i primi, è sufficiente una riunione informale in un albergo dove incassare quattro rassicurazioni generiche sulla continuità dei servizi, praticamente un nulla di fatto e si vedrà nelle prossime settimane, per i secondi addirittura un “fronte comune” tra le isole minori siciliane penalizzate dalle recenti disposizioni regionali in materia venatoria. Sarebbe interessante approfondire poi il criterio selettivo che lo spinge a scrivere al senatore Maraventano e non al senatore Randazzo, originario di Salina sebbene eletto in Australia; forse la diversa appartenenza politica non lo rende degno – buon per lui – di simili comunicazioni, ma la questione sembra secondaria.
Non voglio entrare in merito a quanto affermato a proposito dell’interpretazione della legge 157/92, per la quale le opinioni del sindaco Bruno e quelle dell’Assessorato regionale risultano evidentemente discordanti. Occupandomi per professione di tematiche ambientali e di fauna, invece, resto allibito di fronte alla profusione di inesattezze contenute nella lettera, che la rendono quantomeno imbarazzante. Ciò che maggiormente colpisce, a mio avviso, sono le inossidabili certezze alla base di immaginifiche affermazioni con le quali il sindaco illustra le conseguenze ecologiche e socio-economiche prodotte dal divieto della caccia al coniglio. “Il coniglio selvatico anche in presenza di una notevole pressione venatoria, prolifera in modo abnorme … e costituisce una fonte di sicuro danno alle colture”. È certamente noto come la produttività potenziale del coniglio sia alta, ma l’incremento effettivo delle colonie viene in realtà limitato da una elevata mortalità dei piccoli durante i due primi mesi di vita (mediamente superiore al 60%: si vedano Angelici e Spagnesi in “Fauna d’Italia XLIV. Mammalia”, Ed. Calderini, 2009). In ogni caso, il sindaco sembra ignorare la frequenza dei cosiddetti “lanci”, ovvero immissioni di conigli da allevamenti, che sono stati effettuati in maniera ufficiale (ma anche non ufficiale) fino a poco tempo fa nel territorio eoliano; non sembra un po’ contraddittorio “lanciare” nuovi conigli in un territorio così gravemente infestato da questi pericolosi roditori? Tali immissioni, inoltre, sono all’origine della grande diffusione di malattie infettive e di virosi, come la mixomatosi, il cui virus patogeno (Molitor myxosoma) ha causato in qualche caso una mortalità di oltre il 90% delle popolazioni colpite (per esempio in Australia: si vedano Fenner e Ross in “The European Rabbit. The history and biology of a successful colonizer”, Oxford University Press, 1994). Ma andiamo alla seconda: “l’uomo costituisce l’unico predatore naturale della specie”. Sorvoliamo sul concetto di “predatore naturale”, certamente poetico ma poco consono a definire come tale un uomo armato di doppietta, o che si agevola con l’uso di trappole e furetto (entrambe sono pratiche diffuse, sebbene vietate dalla legge); il sindaco ignora invece che i principali predatori del coniglio – oltre a cani e gatti domestici o inselvatichiti – sono rappresentati dai rapaci notturni e diurni (soprattutto la poiana), e come numerosi casi di predazione siano documentati anche per il corvo imperiale e il gabbiano reale (si vedano Angelici e Spagnesi, op. cit.), tutte specie ampiamente presenti nelle isole minori; i conigli giovani in tana sono inoltre predati dal ratto. Con “naturale” leggerezza, si sostengono concetti che contravvengono le basilari informazioni sulla biologia e sull’ecologia di una delle specie più studiate e approfonditamente conosciute dagli zoologi di mezzo mondo. Le affermazioni più preoccupanti riguardano infine “la chiusura della selvaggina migratoria”, che secondo il sindaco “impedisce poi il consueto afflusso di appassionati, che nell’arco di quattro mesi frequentano le isole minori e contribuiscono a destagionalizzare il turismo”. Se è questa la destagionalizzazione del turismo che il sindaco vuole, faremmo bene a chiederci se si tratta della stessa persona che – almeno nelle sedi ufficiali – si dichiara a favore dell’istituzione di un parco nazionale alle Eolie. Ma ha una vaga idea, il sindaco di Lipari, della portata che assumeva quel fenomeno definito “consueto afflusso di appassionati” in un’isola come Vulcano, tra settembre e novembre, in assenza di qualsiasi controllo? Nessuno vuole criminalizzare la pratica della caccia, ma ricordate i numerosi articoli che la stampa on-line dedicava all’airone in sosta a Pignataro, l’anno scorso di questi tempi? Ricordate il laconico trafiletto poi dedicato all’abbattimento dell’animale da parte di un anonimo cecchino a Monte Rosa? L’animale soccorso dai vigili del fuoco e mandato al centro di recupero? Anche questo, purtroppo, può verificarsi a danno dei migratori (anche quelli non cacciabili) quando un territorio è sottoposto a un controllo poco incisivo dell’attività venatoria. Personalmente, sono convinto che la caccia al coniglio, di per sé, non costituisca un grave danno all’ambiente, tanto che la stessa viene consentita dai regolamenti anche nelle zone di pre-riserva in alcune aree protette. Ma è fuori dubbio che il binomio caccia (in senso lato) e isole minori risulti oggi insostenibile, alla luce del loro riconoscimento quali Important Bird Areas a livello europeo, e delle motivazioni alla base della designazione di gran parte del loro territorio quale Sito di Importanza Comunitaria e Zona a Protezione Speciale nell’ambito della Rete Natura 2000. Questo resta un fatto indiscutibile, sebbene il sindaco, nella sua vibrante lettera, preferisca evidentemente trascurarlo.
Sulle intime motivazioni di quest’ultima, posso soltanto immaginare che si tratti di una trovata pre-elettorale per riguadagnare qualche consenso perduto. Un po’ come la lettera inviata ai dipendenti Pumex prima del voto amministrativo del 2007, dove si prometteva la continuità dell’escavazione della pomice, sapendo perfettamente che ciò non sarebbe stato mai possibile. Queste lettere sembrano essere la specialità del sindaco Bruno, persona indubbiamente dotata di capacità e di intelligenza, ma che in questo modo rivela – anche in maniera epistolare – le debolezze di un amministratore avviato sulla strada di un inesorabile e triste tramonto. Questo riguardo al politico; all’uomo, se desidera dissertare di lagomorfi, suggerisco di dedicarsi a letture più approfondite, augurandogli di avere molto tempo in futuro per farlo.
Pietro Lo Cascio