Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, aveva promosso in marzo un disegno di legge di un solo articolo per ottenere l’adeguamento degli stipendi del personale del Parlamento regionale a quelli dei regionali. Di fatto, un alleggerimento delle buste paga assai pesante, in alcuni casi più di due terzi dei livelli stipendiali attuali. Di colpo, dall’oggi al domani.
Il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ha giudicato irricevibile il disegno di legge perché l’Assemblea gode dell’autodichia, di una autonomia amministrativa e quindi, il governo non può entrare, nemmeno attraverso uno spioncino, negli affari interni del Parlamento: non può proporre, suggerire, assumere iniziative o altro. In più, si sostiene a Palazzo dei Normanni, e le fonti sono molto interessate, occorre considerare che gli emolumenti dell’Assemblea sono agganciati al Senato della Repubblica, il celebre parametro, e perciò non c’è niente da fare.
Irricevibilità e parametro, dunque. Una diga insormontabile che in passato, ogni volta che il governo assume l’iniziativa di aprire il discorso sugli stipendi – dei parlamentari e del personale (e avviene, come una liturgia, periodicamente), stronca sul nascere le velleità dei promotori e tutto resta come prima. Il fatto è, tuttavia, che la Regione siciliana non ha risorse nemmeno per i servizi basici e non ne ottiene da Roma nemmeno sotto tortura, la qualcosa rende più acuta la necessità di tagliare i costi del palazzo.
L’inamovibilità, tra l’altro, ha finora permesso la permanenza di un sistema di elargizione degli stipendi che non ha eguali (a parte la Camera, il Senato ed il Quirinale); si tratta degli aumenti percentuali, agganciati appunto a quelli del Senato, per quanto riguarda l’Assemblea siciliana. Significa che nel tempo, le posizioni apicali dell’Assemblea, a prescindere da chi ricopre gli incarichi, si allontanano sempre più dai livelli iniziali. Chi sta in testa ha un reddito quattro volte superiore, circa, rispetto a chi comincia dal primo livello: da 120-140 mila euro a circa 350-400 mila euro l’anno. Se il segretario generale ha uno stipendio quattro volte superiore ad un altro dipendente, questi ha uno stipendio tre volte superiore a quello dello statale e due volte, forse di più, rispetto all’impiegato regionale. È una forbice che si allarga di anno in anno, con gli aumenti “percentuali”, uguali per tutti, ma oltremodo diseguali nella sostanza.
I regionali in Sicilia, inoltre, sono retribuiti meglio degli statali e godono di “privilegi” (pensionamento ed altro), che i dipendenti dello Stato non hanno. Tutto il settore pubblico, con ricadute a cascata, ha goduto del favore dei rappresentanti delle istituzioni. E qui il parametro non c’entra per niente. È stata generosità, ricerca del consenso, costume politico.
Non c’è proprio niente da fare? Il decreto Monti, che il presidente dell’Ars si è impegnato a recepire, dovrebbe affrontare la questione e sanarla, ma questo appuntamento con il taglio dei costi, preteso da una legge, pare essere stato rinviato sine die grazie ad una operazione di maquillage che ha tagliato dell’otto per cento le spese del Parlamento regionale con l’ultimo bilancio approvato dall’Aula.
Se è irrealistico aspettarsi il miracolo, l’adeguamento degli stipendi dell’Ars a quelli della Regione (c’è lo steso divario fra statali e personale delle Camere), è però legittimo, e doveroso, che si continua a far suonare l’orchestra sul Titanic che affonda.
L’irricevibilità, così come il parametro, sono falsi problemi. Il fatto che la proposta del governo sia irricevibile non esclude che il Consiglio di presidenza dell’Ars possa assumere ogni decisione, autonomamente, sui livelli stipendiali quando e come vuole. Anche il parametro può essere abbattuto con una spallata, basta che lo si voglia. Proprio grazie all’autodichia, rivendicata con forza dagli interessati.
Il presidente dell’Ars, Ardizzone, può legittimamente rispondere al presidente della Regione, Crocetta, che sono “affari loro”, gli stipendi del personale, e i costi del Palazzo, ma può in poche ore fare quel che deve per adeguare i costi alle risorse disponibili, come avviene in ogni famiglia quando si deve stringere la cinghia. I risparmi ottenuti dal taglio dei costi dell’Assemblea, è bene ricordarlo, costituiscono poco più di un granello di sabbia nel mare magnum delle spese della Regione, ma il loro valore è incommensurabile: i sacrifici, insomma, devono farli tutti, soprattutto chi ha di più.
Il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ha giudicato irricevibile il disegno di legge perché l’Assemblea gode dell’autodichia, di una autonomia amministrativa e quindi, il governo non può entrare, nemmeno attraverso uno spioncino, negli affari interni del Parlamento: non può proporre, suggerire, assumere iniziative o altro. In più, si sostiene a Palazzo dei Normanni, e le fonti sono molto interessate, occorre considerare che gli emolumenti dell’Assemblea sono agganciati al Senato della Repubblica, il celebre parametro, e perciò non c’è niente da fare.
Irricevibilità e parametro, dunque. Una diga insormontabile che in passato, ogni volta che il governo assume l’iniziativa di aprire il discorso sugli stipendi – dei parlamentari e del personale (e avviene, come una liturgia, periodicamente), stronca sul nascere le velleità dei promotori e tutto resta come prima. Il fatto è, tuttavia, che la Regione siciliana non ha risorse nemmeno per i servizi basici e non ne ottiene da Roma nemmeno sotto tortura, la qualcosa rende più acuta la necessità di tagliare i costi del palazzo.
L’inamovibilità, tra l’altro, ha finora permesso la permanenza di un sistema di elargizione degli stipendi che non ha eguali (a parte la Camera, il Senato ed il Quirinale); si tratta degli aumenti percentuali, agganciati appunto a quelli del Senato, per quanto riguarda l’Assemblea siciliana. Significa che nel tempo, le posizioni apicali dell’Assemblea, a prescindere da chi ricopre gli incarichi, si allontanano sempre più dai livelli iniziali. Chi sta in testa ha un reddito quattro volte superiore, circa, rispetto a chi comincia dal primo livello: da 120-140 mila euro a circa 350-400 mila euro l’anno. Se il segretario generale ha uno stipendio quattro volte superiore ad un altro dipendente, questi ha uno stipendio tre volte superiore a quello dello statale e due volte, forse di più, rispetto all’impiegato regionale. È una forbice che si allarga di anno in anno, con gli aumenti “percentuali”, uguali per tutti, ma oltremodo diseguali nella sostanza.
I regionali in Sicilia, inoltre, sono retribuiti meglio degli statali e godono di “privilegi” (pensionamento ed altro), che i dipendenti dello Stato non hanno. Tutto il settore pubblico, con ricadute a cascata, ha goduto del favore dei rappresentanti delle istituzioni. E qui il parametro non c’entra per niente. È stata generosità, ricerca del consenso, costume politico.
Non c’è proprio niente da fare? Il decreto Monti, che il presidente dell’Ars si è impegnato a recepire, dovrebbe affrontare la questione e sanarla, ma questo appuntamento con il taglio dei costi, preteso da una legge, pare essere stato rinviato sine die grazie ad una operazione di maquillage che ha tagliato dell’otto per cento le spese del Parlamento regionale con l’ultimo bilancio approvato dall’Aula.
Se è irrealistico aspettarsi il miracolo, l’adeguamento degli stipendi dell’Ars a quelli della Regione (c’è lo steso divario fra statali e personale delle Camere), è però legittimo, e doveroso, che si continua a far suonare l’orchestra sul Titanic che affonda.
L’irricevibilità, così come il parametro, sono falsi problemi. Il fatto che la proposta del governo sia irricevibile non esclude che il Consiglio di presidenza dell’Ars possa assumere ogni decisione, autonomamente, sui livelli stipendiali quando e come vuole. Anche il parametro può essere abbattuto con una spallata, basta che lo si voglia. Proprio grazie all’autodichia, rivendicata con forza dagli interessati.
Il presidente dell’Ars, Ardizzone, può legittimamente rispondere al presidente della Regione, Crocetta, che sono “affari loro”, gli stipendi del personale, e i costi del Palazzo, ma può in poche ore fare quel che deve per adeguare i costi alle risorse disponibili, come avviene in ogni famiglia quando si deve stringere la cinghia. I risparmi ottenuti dal taglio dei costi dell’Assemblea, è bene ricordarlo, costituiscono poco più di un granello di sabbia nel mare magnum delle spese della Regione, ma il loro valore è incommensurabile: i sacrifici, insomma, devono farli tutti, soprattutto chi ha di più.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.