Lavoratori ex Pumex Appello della Chiesa a trovare soluzioni
L'arcivescovo: «Tre anni di illusioni, la dignità di queste persone è stata violata»
Alessandro Tumino
Spiragli di soluzione si riaprono, dopo 3 anni, per un diritto calpestato: quello degli ex operai Pumex alla reintegrazione lavorativa. Un diritto sancito fin dal 2007 a livello regionale, nazionale e internazionale. Quando l'inserimento delle Eolie nella "Heritage List" dell'Unesco, impose a Lipari la fine dell'attività pomicifera e la cancellazione di 39 posti. Ma già l'Unesco poneva tra le condizioni, il reintegro dei lavoratori delle cave.
Non solo "spiragli" ma anche l'ennesima testimonianza di solidarietà della Chiesa, ovvero dell'arcivescovo: è quanto incassato ieri dagli "ex pumex", che dall'8 marzo occupano il municipio di Lipari (e 8 fanno lo sciopero della fame) nel vertice convocato dal presidente Nanni Ricevuto, e dal sindaco di Lipari, Mariano Bruno. Mons. La Piana ha ripercorso «le attese e le illusioni di tre anni, i problemi sociali e familiari talora con risvolti psicologici gravissimi e soprattutto – ha detto – e il fatto che al di là degli aspetti economici, non sia stata messa al centro la dignità di queste persone, inalienabile ed inviolabile. E che invece è stata violata». Prima del suo appello, delineate dai parlamentari almeno due soluzioni: una delibera della giunta Lombardo o una legge ad hoc – come ventilato dall'on. Nino Beninati (Pdl) – che potrebbe essere ricalcata su altre con cui più volte la Regione ha risolto problemi analoghi di ricollocazione lavorativa, «come fece ad esempio per il personale del Museo di Centuripe, provincia di Enna». In ogni caso, qualunque sarà la via – ha ricordato l'on. Filippo Panarello (Pd) sebbene la posizione degli ex pumex sia ben diversa dagli altri lavoratori in Cig, la Regione dovrà fare i conti con i vincoli del patto di stabilità e l'impossibilità di assunzioni senza concorso, «ovvero sia il rischio di un'impugnativa immediata di un'eventuale legge, da parte del commissario». Un timore che secondo i parlamentari Udc, D'Alia e Ardizzone, non può essere invocato ad ogni pié sospinto: «Non c'è patto di stabilità che tenga – è esploso il senatore D'Alia – perché qui da 3 anni non viene onorato un obbligo internazionale di cui sono titolari e responsabili la Regione e il Comune. E poi di patto di stabilità i governi sono soliti parlare quando non vogliono fare le cose, laddove magari si avviano percorsi per stabilizzare altri lavoratori». E riguardo allo stanziamento comunque obbligato, in un emendamento unitario al Bilancio da parte dei 12 deputati messinesi, un'altra staffilata di D'Alia: «In ogni caso la Finanziaria regionale non è il giudizio di Dio. Anche il ministro dell'Ambiente, che soggiorna per mesi alle Eolie, e la stessa società ex concessionaria, per la riconversione devono fare la loro parte». Forti anche gli altri interventi. L'on Giuseppe Buzzanca ha sottolineato un elemento chiave: l'emendamento alla Finanziaria deve essere fatto proprio dal governatore Lombardo, altrimenti si andrà incontro, in aula, a un inaccettabile fallimento. E l'on. Roberto Corona ha parlato di un emendamento pregiudiziale per dare voto favorevole: «se il Governo non lo fa proprio, votiamo contro e ce ne andiamo tutti a casa». Il deputato nazionale Pdl, Enzo Garofalo, anche lui nient'affatto convinto della insuperabilità dei vincoli regionali del patto di stabilità. «E informeremo anche il ministro». Acceso il segretario provinciale Pd, Pippo Rao: «La reintegrazione dei lavoratori rimane tuttora una condizione necessaria per la tutela dell'Unesco sull'arcipelago delle Eolie».
Per quanto riguarda i contenuti tutti produttivi che potrebbero essere assegnati alla ricollocazione dei 39 lavoratori sia Ricevuto, che il sindaco Bruno, sono stati chiari: «dal futuro Parco nazionale delle Eolie, protetto dall'Unesco, alla rete dei musei e scavi archeologici eoliani, dalle riserve della Provincia al vasto patrimonio delle strade provinciali eoliane». Infine, più toccante di tutto, la lettera dei 39 lavoratori, letta da Bartolo Natoli: «Noi avevamo un lavoro certo, dignitoso, e che rispettava ogni nostro diritto, e per far sì che le Eolie diventassero patrimonio dell'umanità, ce l'hanno scippato. Ma, nonostante le raccomandazioni Unesco e le promesse di Stato, Regione e Comune, siamo stati abbandonati al nostro destino di disoccupati».