Egr. Direttore,
prego vogliate pubblicare la mia risposta alla segnalazione del Consigliere Domenico Bartolo Giuffrè dello scorso sabato.
È da rispedire al mittente la sterile critica del Consigliere Giuffrè in merito alla presunta violazione del principio di pubblicità delle sedute del Consiglio Comunale.
Il Consigliere Giuffrè, invece di adoprarsi al fine di rendere la Sala del Consiglio assai simile ad uno studio televisivo, avrebbe meglio impiegato il proprio tempo a documentarsi sulle norme che regolano la fattispecie. Sono certo che lo stesso Consigliere, invero, sia perfettamente a conoscenza di tali prescrizioni ed abbia inscenato la commedia de quo al fine di ergersi, agli occhi del poco attento lettore, a pubblico tutore della trasparenza amministrativa di “grillina” memoria. Nel caso, invece, assai improbabile in cui l’amico Consigliere non abbia acquisito sufficienti dati legali, mi permetto di correre in Suo aiuto, invitandolo a dare lettura della recente sentenza n. 826 del 16 marzo 2010 (TAR Veneto), in virtù della quale “non esiste alcun diritto di effettuare videoriprese se questo non è previsto dal regolamento”. Ed ancora i pareri del 20 dicembre 2004 e del 29 luglio 2009 del Ministero dell’Interno. Non per ultimo il D.lgs. 30/06/2003 n.196.
In estrema sintesi:
1) La disposizione contenuta nell’art. 38, comma 7, del T.U. approvato con D.Lgs 267 del 2000 secondo cui “le sedute del Consiglio Comunale sono pubbliche, salvo i casi previsti dal regolamento” va letta “nel senso che, in linea generale, deve essere consentito al pubblico di assistere alle sedute consiliari dalla postazione” ad esso riservata; che “la pubblicità delle sedute non implica … la facoltà di registrazione ma la libera presenza di chi abbia interesse ad assistervi”.
2) Potrebbe prospettarsi la possibilità di riprendere le sedute del Consiglio, ma ciò implica una esplicita previsione in tal senso nel Regolamento sul funzionamento del Consiglio comunale (recentemente approvato e sul quale il Preg.mo Consigliere Giuffrè non ha inteso intervenire).
3) In ogni caso, ed è stato il motivo del doveroso dissenso alla videoripresa in occasione dell’ultima seduta di Consiglio, devono necessariamente essere rispettate le formali prescrizioni di cui agli artt. 7 e 13 del D.lgs. 196/2003, pena l’applicabilità della sanzione amministrativa di cui all’art. 161 dello stesso decreto delegato.
4) Discorso a parte va fatto per i giornalisti. Come precisa il TAR del Veneto (sent. 826/2010) “il Collegio reputa – per contro – immediatamente concedibile da parte del Sindaco – Presidente del Consiglio Comunale, nei confronti di emittenti televisive nazionali e locali e nell’esercizio dei propri poteri di cui all’art. 39, comma 1, del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000, l’autorizzazione a videoriprendere, in via non sistematica, gratuitamente e senza diritti di esclusiva, talune brevi fasi delle sedute del Consiglio Comunale nell’adempimento dei propri compiti di informazione giornalistica, segnatamente disciplinati dal Codice di deontologia giornalistica annesso al medesimo D.Lgs. 196 del 2003 e dagli altri provvedimenti emanati al riguardo dal Garante: e ciò proprio in quanto da tale autorizzazione non conseguono obblighi di sorta per l’Amministrazione Comunale quale “titolare” o “responsabile” del trattamento dei relativi dati, incombendo per contro ogni responsabilità al riguardo soltanto alle emittenti televisive anzidette.
Quanto sopra sotto il profilo formale; nel merito mi si consenta di osservare come, a mio avviso, il membro dell’assemblea consiliare non può – con ogni evidenza, e per un’elementare considerazione sia in ordine alle altrimenti possibili richieste di altri consiglieri, sia all’intrinseco decoro dello stesso organo consiliare, la cui funzionalità e credibilità istituzionale non può essere intaccata da iniziative di mera e quanto mai riprovevole “spettacolarizzazione politica” – tramutarsi sistematicamente in cineasta e riprendere i colleghi, a proprio piacimento, durante le sedute. Tanto più vale nell’ipotesi in cui il singolo “regista” si arroghi il diritto di “tagliare e cucire” la seduta, omettendo gli interventi a sé sconvenienti, e trasformare un momento di Alta Democrazia in un cortometraggio dal finale scontato.
Alessandro Lopes
Il Consigliere Giuffrè, invece di adoprarsi al fine di rendere la Sala del Consiglio assai simile ad uno studio televisivo, avrebbe meglio impiegato il proprio tempo a documentarsi sulle norme che regolano la fattispecie. Sono certo che lo stesso Consigliere, invero, sia perfettamente a conoscenza di tali prescrizioni ed abbia inscenato la commedia de quo al fine di ergersi, agli occhi del poco attento lettore, a pubblico tutore della trasparenza amministrativa di “grillina” memoria. Nel caso, invece, assai improbabile in cui l’amico Consigliere non abbia acquisito sufficienti dati legali, mi permetto di correre in Suo aiuto, invitandolo a dare lettura della recente sentenza n. 826 del 16 marzo 2010 (TAR Veneto), in virtù della quale “non esiste alcun diritto di effettuare videoriprese se questo non è previsto dal regolamento”. Ed ancora i pareri del 20 dicembre 2004 e del 29 luglio 2009 del Ministero dell’Interno. Non per ultimo il D.lgs. 30/06/2003 n.196.
In estrema sintesi:
1) La disposizione contenuta nell’art. 38, comma 7, del T.U. approvato con D.Lgs 267 del 2000 secondo cui “le sedute del Consiglio Comunale sono pubbliche, salvo i casi previsti dal regolamento” va letta “nel senso che, in linea generale, deve essere consentito al pubblico di assistere alle sedute consiliari dalla postazione” ad esso riservata; che “la pubblicità delle sedute non implica … la facoltà di registrazione ma la libera presenza di chi abbia interesse ad assistervi”.
2) Potrebbe prospettarsi la possibilità di riprendere le sedute del Consiglio, ma ciò implica una esplicita previsione in tal senso nel Regolamento sul funzionamento del Consiglio comunale (recentemente approvato e sul quale il Preg.mo Consigliere Giuffrè non ha inteso intervenire).
3) In ogni caso, ed è stato il motivo del doveroso dissenso alla videoripresa in occasione dell’ultima seduta di Consiglio, devono necessariamente essere rispettate le formali prescrizioni di cui agli artt. 7 e 13 del D.lgs. 196/2003, pena l’applicabilità della sanzione amministrativa di cui all’art. 161 dello stesso decreto delegato.
4) Discorso a parte va fatto per i giornalisti. Come precisa il TAR del Veneto (sent. 826/2010) “il Collegio reputa – per contro – immediatamente concedibile da parte del Sindaco – Presidente del Consiglio Comunale, nei confronti di emittenti televisive nazionali e locali e nell’esercizio dei propri poteri di cui all’art. 39, comma 1, del T.U. approvato con D.L.vo 267 del 2000, l’autorizzazione a videoriprendere, in via non sistematica, gratuitamente e senza diritti di esclusiva, talune brevi fasi delle sedute del Consiglio Comunale nell’adempimento dei propri compiti di informazione giornalistica, segnatamente disciplinati dal Codice di deontologia giornalistica annesso al medesimo D.Lgs. 196 del 2003 e dagli altri provvedimenti emanati al riguardo dal Garante: e ciò proprio in quanto da tale autorizzazione non conseguono obblighi di sorta per l’Amministrazione Comunale quale “titolare” o “responsabile” del trattamento dei relativi dati, incombendo per contro ogni responsabilità al riguardo soltanto alle emittenti televisive anzidette.
Quanto sopra sotto il profilo formale; nel merito mi si consenta di osservare come, a mio avviso, il membro dell’assemblea consiliare non può – con ogni evidenza, e per un’elementare considerazione sia in ordine alle altrimenti possibili richieste di altri consiglieri, sia all’intrinseco decoro dello stesso organo consiliare, la cui funzionalità e credibilità istituzionale non può essere intaccata da iniziative di mera e quanto mai riprovevole “spettacolarizzazione politica” – tramutarsi sistematicamente in cineasta e riprendere i colleghi, a proprio piacimento, durante le sedute. Tanto più vale nell’ipotesi in cui il singolo “regista” si arroghi il diritto di “tagliare e cucire” la seduta, omettendo gli interventi a sé sconvenienti, e trasformare un momento di Alta Democrazia in un cortometraggio dal finale scontato.
Alessandro Lopes