Il 2012 appena trascorso ha lasciato la Sicilia con l’amaro in bocca. Il vento sta cambiando, ma ci vuole tempo perché anni di depredazioni e cecità lascino il posto ad un’economia fiorente, degna delle risorse che la Sicilia potrebbe mettere in campo.
In potenza l’Isola potrebbe essere una fabbrica di benessere per tutti e a qualsiasi livello. Ma i dati diffusi oggi da Confcommercio Sicilia parlano d’altro. Raccontano una realtà che ha portato la popolazione a non scommettere più sul suo futuro e a smettere di fare figli. A livello demografico infatti l’Isola ha un tasso di crescita inferiore al Nord Italia. Il secondo dato ‘sconvolgente’ e’ quello relativo alla capacita’ di consumi del siciliano medio. Sull’isola c’e’ una capacita’ di consumo che e’ un terzo inferiore rispetto alla media italiana.
Sulla carta, si diceva, non ci manca niente. Allora perché l’economia nell’Isola non parte?
“Si tratta di adottare le ricette giuste – dice Pietro Agen, presidente di Confcommercio Sicilia - tagliare spese correnti e trasferirle in investimenti. Questo creerebbe potenzialita’ di sviluppo. Abbiamo il piu’ alto numero di dirigenti pubblici, impiegati pubblici, il piu’ alto numero di spese pazze”.
Una dura critica alla gestione dell’Isola degli ultimi 40 anni “ma adesso bisogna rimodulare, ad esempio, i fondi europei per finanziare non piu’ corsi fantasma o sagre di paese. E’ arrivato il momento di voltare pagina”. “La nostra economia non puo’ non ripartire dal turismo – conclude - L’ambiente deve essere attrattivo. Bisogna rendere i centri storici attrattivi, e serve una grande operazione d’investimento per la messa in sicurezza dei centri storici”.
Cosa ci riserva il futuro?
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