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giovedì 18 aprile 2013

TAORMINA, LIPARI, TRAPANI, PALERMO: È SUICIDIO DI MASSA

(da siciliainformazioni) Imprenditore di Taormina suicida. Albergatore di Lipari suicida. Operaio di Trapani suicida. Operaio di Palermo che minaccia di gettarsi dal balcone. Disperati, impotenti. Soprattutto soli.Non è una solitudine familiare, ma sociale. E’ l’impossibilita’ di trovare ascolto, di affrontare il mare in tempesta ed uscirne con la faccia pulita. Il gesto estremo non si compie in un momento di rabbia. Per farla pagare a qualcuno, come tanti pensano. O per vilta’.  Si accetta come una soluzione in assenza di altre. Come fuga da una realta’ inaccettabile. Ci si sente morti “dentro” ed è diventata insopportabile l’idea di condividere l’altro di sè che quella realtà sta facendo nascere.
La crisi economica, certo. L’assenza di lavoro. L’impresa devastata dai debiti. Le banche che non danno soldi. Il fisco che non guarda in faccia chi non ce la fa a pagare e, ha armi spuntate contro chi evade. Tutto questo e’ il contesto, ma non basta a spiegare il gesto estremo, la disperazione, la solitudine. C’e’ dell’altro. Gli uomini e le donne che si tolgono la vita hanno in gran conto la propria dignità. Sono affidabili. Concedere loro credito, credere nelle loro imprese, confidare nelle loro risorse, costituirebbe un investimento ragionevolmente sicuro.
Il truffatore, il delinquente, colui che vive di espedienti non ha mai sprecato nulla di ciò che ha guadagnato con i suoi raggiri, figuriamoci se getta via la propria vita.
I suicidi siciliani sono il sintomo di una malattia sociale, non solo della crisi economica, la testimonianza di una disumanita’. Il giudizio è affidato al rating della banca, che si confronta con il codice cliente e non con la persona. È il codice che giudica le buone pratiche e le cattive, attraverso un software “marchia” il conto in rosso, come si fa con i vitelli.
Civitanova Marche – la cittadina in cui tre persone, una dopo l’altra, si sono tolte la vita di recente a causa della condizione economica – non è un luogo fisico, ma una condizione sociale e umana.
La Sicilia non è certamente estranea, tuttavia, alla sorte di coloro che la abitano. È qui, più che altrove, che si abbassano le saracinesche dei negozi e chiudono battenti le imprese; è qui che un giovane su due non trova lavoro o non lo cerca nemmeno perchè è rassegnato. È qui che un esercito di precari, malpagati, eppure “privilegiati, si arrangiano per fare quadrare i conti e dare un senso a ciò che fanno.
I nodi sono venuti al pettine: tutto quanto gira attorno alle risorse pubbliche, inghiottite dalla crisi, dal patto di stabilità, dalla politica di austerità. Da una montagna di debiti, da ignobili malandrinate, da sprechi e superficialità.  Sarà impossibile uscirne se le istituzioni vivranno di piccolo cabotaggio e rimarranno ostaggio di ciarlatani appostati dietro la siepe, pronti a cogliere l’occasione giusta per fare il pieno di benzina e scappare.

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