Porticello - una delle località balneari più frequentate dell’isola di Lipari -, è quasi ora di pranzo e nove imbarcazioni sono ancorate a meno di venti metri dalla spiaggia. Dei bimbi nuotano incautamente tra le barche, mentre i genitori li invitano a tornare sul bagnasciuga. Il mio vicino di ombrellone – un uomo sulla cinquantina, che ha appena dovuto richiamare la nipote – prova ad avvertire la capitaneria di porto dell’isola, chiamando un numero di emergenza. Lo dirottano da un ufficio all’altro ed alla fine desiste. “Sono in vacanza, non posso lottare anche qui ma è un’indecenza”, mi dice rassegnato. Io annuisco e scatto alcune fotografie; osservo le barche, si tratta per lo più di grossi motoscafi: a bordo cucinano, mangiano, qualcuno riposa. Il senso di insofferenza per l’inciviltà dei proprietari delle imbarcazioni diventa ogni attimo più acuto, in tanti provano a mettersi in contatto con l’Ufficio Circondariale Marittimo di Lipari. Dopo vari tentativi Anna ci riesce: “Hanno detto che arriverrano solo dopo aver effettuato un soccorso”, non ne è molto convinta. “Ma noi aspettiamo”, assicura.
Anche Sofia – interrotta durante la sua nuotata - infine sbotta: “è mai possibile che uno yacht così grande stia proprio davanti alla spiaggia?”, le mani incrociate sul petto ed un’espressione stizzita, inconsueta per la sua età. Sofia ha solo sei anni.
In teoria nella zona, la navigazione e l’ancoraggio – mi riferirà un addetto del Circomare, solo la sera - non potrebbe avvenire ad una distanza inferiore ai duecento metri dalla battigia. Ma senza segnalazioni e senza i dovuti controlli tutto rimane “lettera morta”.
Lascio la spiaggia alle 16 e 45, la situazione è rimasta immutata.
Rosita Rijtano