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martedì 8 gennaio 2013

GRANDE SUD TRAGHETTA “GRANDI FIRME”, MICCICHÈ SMENTISCE

Fiorito, detto Batman, gettava le monetine a Bettino Craxi all’uscita del Raphael. Il manipolo di leghisti della prima ora agitavano il cappio in Parlamento ai deputati inquisiti per Mani Pulite nel 94, il PM di Mani pulite, Antonio Di Pietro, è stato messo in difficoltà dal conteggio degli immobili di sua proprietà o in mezzadria con l’Italia dei Valori. Possibile che la terza Repubblica nasca sulle rovine della seconda?
La legge sulla incandidabilità, varata in zona Cesarini, dal Parlamento nazionale per fare contenta l’opinione pubblica, si è rivelata un fallimento su tutta la linea, e non poteva essere altrimenti, se tutta la bad company, nessuno escluso, fra gli uscenti, può ripresentarsi ai nastri di partenza con la complicità del Porcellum e tornare sugli scranni di Montecitorio e Palazzo Madama come se nulla fosse.
Ci sarebbero casi eclatanti, come quello di Marcello Dell’Utri, e dello stesso ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a dimostrare l’inefficacia della legge. Una presa per i fondelli. Il senatore si è beccato una condanna definitiva a due anni e tre mesi per falsa fatturazione e frode fiscale, ed ha un procedimento giudiziario che in primo e secondo grado lo condanna a nove e poi sette anni di reclusione (la Cassazione ha disposto un nuovo giudizio). L’ex premier ha subito una condanna a quattro anni ed ha in corso due procedimenti penali in atto, ed ha proposto la sua candidatura al vertice dell’esecutivo, mettendo sotto accusa la giustizia italiana, “cancro del Paese”. Miccichè però smentisce che il senatore Dell’Utri sarà candidato con Grande Sud.
Gli impresentabili non sono incandidabili, tutt’altro. E vanno fieri dei loro trascorsi: più che presunti colpevoli, sono vittime della magistratura guidata da “congiurati”.
Se è possibile fare passare le indagini giudiziarie come episodi “violenti” della lotta politica, vuol dire che il Paese non ha una civiltà giuridica di prim’ordine, che i modelli di comportamento dei rappresentanti delle istituzioni sono pessimi, che l’educazione alla legalità è carente, che gli errori potrebbero essere stati compiuti anche nel campo dei tutori della legge e dell’ordine.
Comunque sia, ora gli italiani devono sorbirsi gli stessi personaggi e le stesse moralità che hanno suscitato la loro indignazione allontanandoli dalle istituzioni, dai partiti e da una partecipazione civile alle scelte. L’astensione recluta persone per bene, intellettuali accorti, gente che compie il proprio dovere ovunque, nel posto di lavoro e nella famiglia. Crede che astenendosi, non deleghi agli impresentabili alcuna decisione, e non si macchi di complicità con uomini e donne che non stima. Ragionamenti sbagliati fin che si vuole, ma presenti e  convinti.
Ciò che accade in Sicilia è una nemesi storica. Ai reduci del 61 a zero, i forzisti di Gianfranco Miccichè, sarebbe stato affidato il compito di traghettare nella terza repubblica i personaggi più scomodi della seconda repubblica. Secondo il quotidiano La Repubblica Marcello Dell’Utri, Nicola Cosentino, Clemente Mastella, Americo Porfidia. Il traghetto porta il nome del Grande Sud e dovrebbe ricevere la benedizione, che però non arriva, dei governatori del centrodestra meridionale, Caldoro e Scopelliti, e dell’ex ministro pugliese Raffaele Fitto.
C’è il rischio, concreto, che a Miccichè sia stata lanciata una polpetta avvelenata. Il suo patto con il Cavaliere ha provocato avversioni e dissensi. Se Caldoro, Scopelliti e Fitto non ci mettono la firma, in Sicilia ci sono vecchi amici di Miccichè a chiamarsi fuori, come Michele Cimino, ex presidente della Regione, appena rieletto all’Assemblea regionale siciliana, “Non ci sto”, ha detto e ripetuto. Mentre altri, che non digeriscono il ritorno del figliol prodigo nel centrodestra – come Nello Musumeci e Francesco Cascio (candidato presidente della Destra il primo, ex Presidente dell’Assemblea il secondo) – minacciano tuoni e fulmini.
Insomma, la Lega Sud sembra proprio un cattivo affare.

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