Segnali vari di movimentismo in attesa di qualcosa di nuovo che potrebbe scaturire oggi dall'incontro romano di Gianfranco Miccichè col premier Silvio Berlusconi.
Il sottosegretario, promotore della scissione nel Pdl, sarà invitato a por fine alla dicotomia siciliana con mezzo Pdl al governo e l'altra metà all'opposizione. Argomento con cui si è toccato il punto più aspro di scontro in direzione nazionale di partito tra Berlusconi e Fini, questione irrisolta per l'incompatibile convivenza dei "ribelli" coi "lealisti": i primi, determinati nel sostegno al governo di Raffaele Lombardo; i secondi da tempo all'attacco.
L'ultimo tentativo di assedio al governo viene da 34 parlamentari "lealisti" del Pdl, che hanno firmato un'interpellanza al ministro dell'Economia Giulio Tremonti depositata il 21 aprile. I parlamentari mettono in dubbio la manovra economico-finanziaria in discussione all'Assemblea regionale e chiedono al ministro «se non intenda monitorare l'andamento della vicenda, adottando ogni iniziativa di competenza al fine di garantire il pieno rispetto del patto di stabilità».
Nell'atto ispettivo, i parlamentari, una decina dei quali siciliani (primo firmatario Alessandro Pagano già assessore regionale al Bilancio;, Giammanco, Germanà, Fontana, Marinello, Gibino, Torrisi, Garofalo, Palumbo) scrivono che nell'ambito dell'accordo sul patto di stabilità interno per il 2009 «la Regione ha ottenuto che i livelli di spesa fossero incrementati dell'importo di 138 milioni di euro, al fine di compensare eventuali eccedenze al limite dei pagamenti della regione assoggettati al patto di stabilità interno ovvero al fine di coprire l'eventuale superamento da parte di enti locali siciliani degli obiettivi di cui al medesimo patto». «La Regione, nel recente passato – scrivono – si è contraddistinta in taluni casi per l'assoluta artificiosità delle entrate destinate a finanziare le crescenti spese che ha alimentato».
Immediata la risposta del sottosegretario Gianfranco Miccichè: «Se queste sono le premesse per il dialogo e il ritorno all'unità, credo proprio che non si vada da nessuna parte. Su che cosa dovrebbe vertere il dialogo? Sul modo in cui far cadere l'inviso governatore catanese? Sulla strategia da mettere in atto per sovvertire la volontà dei siciliani e portarli di nuovo alle urne o, peggio ancora, costringerli a un governo di sinistra? Su che cosa vogliono costruire l'unità? Su azioni pseudo-politiche, come quest'ultima, volte non ad indirizzare e determinare la politica regionale, come dovrebbe convenirsi al maggior partito della coalizione, bensì a sopprimere il nemico? Su una cruenta guerra di potere, che rischia di lasciare sul campo milioni di vittime siciliane?».
Per Miccichè, «invocare strumentalmente l'intervento del ministro Tremonti mi pare l'azione meno costruttiva e meno elegante che questi deputati potessero compiere». «Meno costruttiva – continua – per la nostra terra, che ha bisogno di un bilancio che rimanga fuori dall'agone di una sterile politica litigiosa e consenta alla Regione di proseguire nell'opera di risanamento, dopo sessant'anni di sprechi e scelte scriteriate». «Meno elegante – conclude – perchè equivale all'ennesimo tentativo di consegnare a squallide logiche ascariste l'immagine ed il destino della Sicilia».
Rincara la dose il deputato nazionale del Pdl Dore Misuraca: «Nelle ultime settimane Miccichè ha più volte ribadito una posizione condivisibile: non intende lasciare il Pdl e continuerà a sostenere il governo Lombardo. Alla vigilia dell'incontro tra lui e Berlusconi è bene chiarire che, in Sicilia, all'insegna dell'ipocrisia, c'è chi intanto lavora per accompagnare Miccichè fuori dal Pdl e per fare cadere il governo regionale democraticamente eletto dai siciliani. In questa delicata fase della vita politica siciliana - aggiunge - dovremmo, invece, lavorare tutti per l'unità del centrodestra e per il rispetto della volontà popolare, evitando frazionismi e, soprattutto, atteggiamenti tipici di Scribi e Farisei che San Matteo definisce sepolcri imbiancati». Per Misuraca «è il caso di qualche autorevole esponente del Pdl che, lungi dal lavorare per l'unità del partito in Sicilia, si prodiga in contorcimenti glottologico-politici invitando ingenerosamente Miccichè a uscire fuori dal Pdl e a fondare il Partito del Sud, con buona pace dell'unità dello stesso Pdl. L'unità del nostro partito – conclude il parlamentare del Pdl – è la vera soluzione politica per la Sicilia. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo essere tutti disposti a fare un passo indietro».
L'assessore all'Economia Michele Cimino respinge tutto al mittente: «Se ci fosse stata la necessità di ribadire come taluni parlamentari siciliani lavorino contro, e non a favore, della loro terra, premettendo gli interessi di parte a quelli della Sicilia, costoro sono stati adesso serviti. Tra l'altro i firmatari di questa interpellanza al ministro dell'economia, perseguendo l'obiettivo di destabilizzare il governo della Regione, usano un'arma spuntata, come dovrebbe sapere bene l'onorevole Alessandro Pagano, che è stato assessore regionale al Bilancio. Pagano avrebbe fatto bene a informarsi meglio, anzichè partire a testa bassa, con un atto che non avrà conseguenze, immaginando apprendisti stregoni all'opera per truccare le carte. Un'arte che non appartiene a questo governo che, invece, si trova alle prese con una situazione difficile, ereditata da passate gestioni, compresa quella dell'on. Pagano. Questo governo – aggiunge Cimino – sta compiendo scelte difficili e trasparenti per un Bilancio che rifletta la disponibilità di risorse, senza poste di entrata «artificiose» o eventuali uscite superiori a quelle previste per le quali non venga trovata una copertura, con leggi di assestamento dell'esercizio».
Entrando nel merito del contenuto dell'interpellanza, il governo precisa che «il Patto di stabilità per il 2009 firmato con il ministero prevede che i livelli di spesa siano incrementati di 138 milioni per compensare eventuali eccedenze dei pagamenti della Regione o per dare copertura all'eventuale superamento da parte degli enti locali dei limiti di spesa. Ebbene, ci siamo avvalsi di quell'innalzamento del limite di spesa per 16 milioni e duecento mila euro».
Quanto alla costituzione del Fondo di quiescenza, «dopo la sua abrogazione, nel 1979, la Regione si è fatta carico di tutti gli oneri conseguenti, come il pagamento dei Tfr e delle pensioni, e delle spese di funzionamento derivanti dalla gestione della previdenza del personale. Nel 2009, dopo trent'anni, grazie a questo governo, è stata approvata la legge che autorizza l'istituzione di un nuovo fondo di quiescenza e, già quest'anno, sono state attivate le procedure per attivarlo».
«L'emendamento alla Finanziaria in discussione all'Ars - conclude l'assessore - infine, non punta affatto a rinviare la costituzione del Fondo stesso, ma a consentire di definire i passaggi tecnico-contabili necessari.