Il giudice Roberto Gurini ha condannato Angelo Merenda (54 anni, legale rappresentante dell'azienda) Enrico Lo Monaco (40 anni, direttore dei lavori) e Michele Saltalamacchia (58 anni, sorvegliante) rispettivamente a 13, 11 e 9 mesi di reclusione (pena sospesa), al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede.
I tre stati difesi dagli avvocati Antonio Taviano Giuffrida, Gioacchino Sbacchi, Costantino Lo Monaco e Candido Bonaventura.
I familiari del povero Bartolomeo Saltalamacchia (da tutti conosciuto come Lello) si sono costituiti parte civile attraverso gli avvocati Gaetano Orto, Luca Frontino e Walter Militi.
L'uomo venne ritrovato morto, soffocato dal materiale pomicifero, dopo essere finito all'interno di un grosso bocchettone, sito in prossimità di un canalone lungo alcune decine di metri (detto canale di spolvero) che trasferiva la pomice(da una altezza di una quarantina di metri) sino al nastro trasportatore.
Dopo il ritrovamento del corpo scattarono le indagini dei carabinieri secondo le quali (così come riportato nel capo d'imputazione) l'uomo, in assenza di condizioni di sicurezza, si era posto all'interno del canale di spolvero, al di sotto della tela del vaglio della pomice, per battere la stessa tela con un martello, onde provocare la caduta della polvere pomicifera bloccatasi tra le maglie della griglia.
Mentre eseguiva tale operazione Saltalamacchia perse l'equilibrio scivolando attraverso il canale sino al cosidetto fornello di scarico. Il destino beffardo, tra l'altro, volle che Bartolomeo Saltalamacchia perdesse la vita proprio in quello stabilimento dove, una ventina di anni prima, morì il padre.