Al netto delle delusioni e interessi di bottega sul voto siciliano prevalgono le considerazioni positive. Viene riconosciuta la volontà degli elettori di rinnovare la politica, di lanciare segnali inequivocabili. Non solo alla Sicilia, ma all’intero Paese. Non è certo una rivoluzione, ma una sterzata sicuramente sì. Perché negarlo? L’Assemblea si è rinnovata per più della metà dei suoi componenti. Dei 78 uscenti che si sono ricandidati ne sono tornati 38, cui devono aggiungersi altri quattro neo deputati regionale, che avevano avuto un mandato parlamentare nell’Assemblea siciliana in passato. Sessantadue nuovi deputati regionali (o 58 a seconda dell’ottica) su 90 non è un dato da buttar vita.
L’altra novità è costituita dalla presenza feminile, quindici donne. Una cosa senza precedenti. Nelle legislatura precedenti non si è mai andato al di là delle quattro cinque unità. Percentuali basse, bassissime.
E ancora, l’età. Un abbassamento dell’età media notevole, con un numero strabocchevole di giovani e giovanissimi, grazie soprattutto all’ingresso massiccio del Movimento 5 Stelle a Palazzo dei Normanni.
Infine il voto a Rosario Crocetta. Lasciando da parte lo schieramento politico cui appartiene, va preso atto che si tratta di un ex comunista, cattolico praticante e omosessuale dichiarato. Una condizione che archivia il cliche sessuofobico della Sicilia maschilista, in adorazione della virilità.
Questi elementi di valutazione sono strati finora ignorati o quasi. Fa una certa impressione leggere le analisi accurate, condotte con il bilancino del famacista, sull’appartenenza dei singoli parlamentari, fatte da giornali progressisti che si sono fatti una solida fama di pionieri del rinnovamento. Si cerca sotto le lenzuola del neo deputato, le sue frequentazioni, i suoi precedenti politici. E si catalogano coloro che in qualche modo sono stati vicini a questo o quel leader politico, per giudicarne l’attitudine alla buona politica o l’ancoraggio, sotto traccia o palese, ai vecchi padroni. Indagini su contrifugure, cordate e maleintenzionati, che non ha precedenti. Roba da questurini anni Cinquanta. Sarebbe il caso di dare tempo e modo ai nuovi arrivati, anche quelli di vecchio conio, la possibilità di dimostrare quel che valgono e sanno o non sanno fare.
Questo certosino lavoro di ricerca, condotto a spoglio appena concluso, oltre che appiccicare targhe sbagliate, ci fa vedere solo il bicchiere mezzo vuoto. Ed invece gli elettori siciliani meritano di essere giudicati con giustizia, anche perché loro non hanno disertato le urne, hanno esercitato il loro diritto e fatto il loro dovere come meglio hanno creduto.
Sono stati pochi? E’ vero, ma questo non giustifica la delegittimazione del loro voto. L’astensione siciliana, peraltro, è in linea con il dato emerso sul territorio nazionale dai sondaggi.
Quel drappello di giovanissimi stravolge il viso di chi sente “ingiustamente” messo da parte, ma bisogna farsene una ragione e guardare avanti. La Sicilia per una volta ha voltato le spalle in misura interessante alle clientele. Perché non prenderne atto?
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