I costi della politica non sono, come è noto, solo una questione di conti ma anche, ormai, una questione morale dopo gli scandali del Lazio e le indagini, in corso, in una decina di regioni italiane. Bisogna spendere meno e, soprattutto, dare conto di come si spendono i soldi dei contribuenti italiani.
I partiti sembrano ormai disposti ad accettare il controllo esterno dei loro conti, ma pretendono di decidere a chi affidare il delicato compito di analizzare il loro libro delle entrate e delle uscite. Si dovranno servire di agenzie indipendenti, ma questo non basta per chi ritiene, non senza ragione, che l’autorità incaricata del controllo dei conti non può che essere la Corte dei Conti. I magistrati contabili svolgono questo lavoro per le amministrazioni pubbliche e non si vede per quale ragione debbano essere lasciati fuori dal controllo dei partiti. Per quale ragioni, afferma chi dissente dagli indirizzi prevalenti, ci si dovrebbe fidare dei privati piuttosto che della Corte dei Conti?
Questo lo stato dell’arte, alla vigilia della prima seduta del parlamento regionale siciliana, che vanta il record dei costi in Italia. Sono stati fatti i conti sui costi delle liquidazioni alla vigilia delle elezioni ed è stato calcolata una spesa, da parte dell’Assemblea, di più di due milioni di euro. I contributi ai gruppi parlamentari elargiti dall’Ars pongono la Sicilia al secondo posto, dopo il Lazio, nella classifica della generosità”.
I partiti, in queste ore, decidono i nuovi assetti dell’Assemblea del governo. Sono state avanzate delle candidature, con molta cautela, e fatte previsioni sui rappresentanti dell’Assemblea. Le valutazioni fin qui fatte, tuttavia, sono rimaste dentro la consueta negoziazione politica, i rapporti di forza, le alleanze, il “manuale” Cencelli in edizione riveduta e corretta.
Quali siano le intenzioni e le volontà di coloro che si accingono ad assumersi la responsabilità della gestione dell’Assemblea – politica ed amministrativa – non le conosce nessuno. Sarebbe invece oltremodo utile che gli aspiranti agli incarichi più rilevanti, come la presidenza dell’Ars (deputati e gruppi parlamentari che avanzano e sostengono la candidatura) facessero conoscere come contano di affrontare al questione dei costi della politica e della trasparenza delle istituzioni.
Le decisioni fin qui assunte regalano lo scomodo record dei costi con indubbie negative conseguenze per l’immagine dell’autonomia siciliana e dei suoi rappresentanti. E’ lecito perciò attendersi che le cose cambino. Perché ciò avvenga c’è bisogno solo della volontà, nient’altro. Basterà che il futuro consiglio di Presidenza, sollecitato dal Presidente, modifichi le regole vigenti. Pochi minuti e come per incanto, l’Assemblea regionale potrebbe diventare un riferimento per le buone pratiche e riguadagnare il credito che gli spetta.
I provvedimenti più attesi riguardano la trasparenza, l’entità dei contributi ai gruppi parlamentari, la rendicontazione delle spese per l’attività politica e i vitalizi. Quanto alla prima opzione, la trasparenza, occorre solo che il Consiglio di presidenza decida di rendere pubblico, on line, come avviene ormai nei paesi più avanzati, ogni provvedimento, con relativa documentazione delle spese. Si chiama Freedom Act of information e obbliga a informare i cittadini sull’uso del denaro pubblico. Va da sé che i rimborsi forfettari debbano essere sostituiti da spese rendicontate e che l’entità dei contributi e dei rimborsi vada riportata alle effettive esigenze dei gruppi.
Se la scelta del Presidente dell’Assemblea fosse legata a questa “rivoluzione” delle regole parlamentari, si troverebbe, ne siamo convinti, come d’incanto una maggioranza parlamentare a favore o contro di essa. Invece che negoziare un nome sulla base della spartizione delle poltrone, peraltro legittima, si sceglierebbe un indirizzo politico e gestionale del Parlamento, permettendo ai cittadini di sapere se alle intenzioni corrispondano le decisioni.
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